Processo Londra, il finanziere interrogato per 8 ore: «Estraneo all'acquisto del palazzo, le mie sfortune iniziano da lì»

Processo Londra, il finanziere interrogato per 8 ore: «Estraneo all'acquisto del palazzo, le mie sfortune iniziano da lì»
Processo Londra, il finanziere interrogato per 8 ore: «Estraneo all'acquisto del palazzo, le mie sfortune iniziano da lì»
Lunedì 30 Maggio 2022, 20:13 - Ultimo agg. 19 Dicembre, 12:33
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Città del Vaticano - «Non ho mai avuto mandato di prelevare un centesimo dai fondi della Segreteria di Stato del Vaticano sui quali non c'erano vincoli di destinazione». E' il passaggio centrale dell'interrogatorio del finanziere accusato di peculato, corruzione, estorsione, riciclaggio, truffa, abuso d'ufficio nell'ambito del processo davanti al Tribunale Vaticano per lo scandalo finanziario legato alla compravendita del Palazzo londinese di Sloane Avenue.  Il finanziere ha spiegato la sua versione dei fatti, interrogato per otto ore di fila dal Promotore di Giustizia e dagli avvocati di parte civile, a proposito del ruolo nell'investimento del Palazzo londinese:  «mai ricevuto incarichi formali di consulente».

Il suo ruolo, ha spiegato, era quello di gestire «fondi di investimento, non fare speculazioni», in quanto «la Santa Sede non poteva fare investimenti ad alto rischio».

Il finanziere ha ribadito che, inoltre, non poteva «muovere un centesimo della segreteria di Stato» e non era lui il «depositario finale dei contratti». Rivolgendosi al Promotore di giustizia Diddi, l'imputato (uno dei dieci imputati a processo per l'immobile londinese) ha fatto notare che nel periodo in cui lui è stato consulente finanziario della Segreteria di Stato, «non ci sono comunque stati rendimenti negativi».

Nel lunghissimo interrogatorio l'ex consulente storico della Segreteria di Stato vaticana ha chiarito la sua posizione anche nella memoria difensiva: «mami avuto alcun ruolo di alcun genere nell'operazione di acquisto dell'immobile sito a Londra» e, ha aggiunto, «non vi era, in ogni caso, alcun vincolo di destinazione della provvista utilizzata per tale operazione, alla quale sono completamente estraneo». 

La diciottesima udienza del processo in corso in Vaticano, è servita a riferire nel dettaglio che gli utili delle sue gestioni di fondi sono sempre stati riconosciuti e apprezzati. Quanto alla destinazione dei fondi, e' stata prodotta una lettera del cardinale segretario di Stato Pietro Parolin trasmessa il 21 dicembre 2016 al Credit Suisse in cui si conferma che non «sussiste limitazione alcuna per quanto attiene all'utilizzo del credito e, pertanto, qualunque utilizzo del credito risulta conforme alla Costituzione apostolica e al Regolamento generale della Curia romana nonche' ad ogni altra norma e/o regolamento eventualmente applicabili alla Segreteria di Stato». 

Il finanziere ha poi ricordato i rapporti intrattenuti fin dal 1993 con la Segreteria di Stato per le sottoscrizioni di quote di fondi d'investimento, prima come dirigente della Prime Consult e poi come capo area in Italia del Credit Suisse. Una buona parte dell'interrogatorio è servita a fare luce sulle tappe che hanno portato ad accantonare la proposta di investire nel petrolio, visto che dopo una due diligence fatta fare a Raffaele Miincione emersero che non c'erano le adeguate garanzie finanziarie. L'investimento nel progetto petrolifero in Angola, i cui fondi inizialmente accantonati sono serviti poi alla partecipazione della Santa Sede nell'acquisto del Palazzo di Londra, fu così scartato. «Il cardinale Becciu, allora sostituto non ha mai svolto alcuna pressione nè ha mai influenzato il corso della decisione tecnica».

Il Finanziere si rammarica che non avrebbe dovuto mai partecipare agli incontri a Londra per definire i passaggi, «da cui sono nate tutte le mie disgrazie». «Sono del tutto estraneo alle operazioni di costituzione della provvista del Fondo Athena: tutte queste transazioni avvennero direttamente tra la Segreteria di Stato e le banche», mentre Il finanziere lavorava a Roma. Dopo il "no" del consulente sulle garanzie reali per l'operazione Falcon Oil, fu però Raffaele Mincione, all'epoca coinvolto nel progetto, a recarsi direttamente in Segreteria di Stato per proporre di destinare la meta' della somma accantonata nel suo fondo Athena all'acquisto del palazzo di Londra.

La Segreteria di Stato accetto', ma in tutto questo il finanziere «non ebbe alcun ruolo». Egli, «in ogni caso, non aveva alcuna delega dispositiva sui conti svizzeri intestati alla Segreteria di Stato». Anzi, richiesto dalla Segreteria di Stato tra la fine del 2015 e gli inizi del 2016 e poi di nuovo nel 2017 di fornirle una consulenza e un parere anche sull'investimento londinese del Fondo Athena, segnalo' «ancora una volta le anomalie che caratterizzavano l'operativita' del gruppo Mincione e le sue fortissime perplessita' al riguardo».

Secondo la difesa, risulta quindi che il finanziere si e' costantemente adoperato (anche dopo la richiesta del gruppo Mincione di escluderlo dagli incontri) per effettuare delle analisi degli investimenti su richiesta della Segreteria di Stato, segnalando espressamente fin dal 2016 le anomalie nella gestione del Fondo Athena. Altro aspetto rivendicato dal finanziere, il fatto che tutti gli investimenti condotti per conto della Santa Sede, sempre concordati, erano in linea con i requisiti del mandato di gestione e il profilo del cliente, e inoltre l'andamento delle gestioni dal 2013 al 2019 e' stato sempre positivo con utili ragguardevoli.

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