Ruby, Imane Fadil al suo avvocato: «Mi hanno avvelenata, vogliono farmi fuori» Ascolta

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(di Claudia Guasco)

Una telefonata drammatica, dal letto della clinica Humanitas, dove sarebbe morta due settimane dopo. «Sentivo che volevano avvelenarmi e farmi fuori», dice Imane Fadil al suo avvocato. Che ha registrato la conversazione e, il giorno del decesso di una delle testimoni chiave del processo Ruby, lo ha consegnato ai magistrati della procura di Milano. La morte della trentaquattrenne marocchina, ha stabilito la perizia, va ricondotta «inequivocabilmente ad aplasia midollare». Ma i sintomi erano uguali a quelli dell’avvelenamento e gli approfindimenti legati alla radioattività hanno segnalato «movimenti delle onde alfa vicine alla radioattività del polonio», spiega il procuratore aggiunto Tiziana Siciliano.

«STO MORENDO»
Certo è che Imane, a due settimane dalla morte, aveva paura e si sentiva minacciata. La telefonata al suo avvocato depositata agli atti dell’inchiesta, aperta con l’ipotesi di reato di omicidio volontario, è del 12 febbraio, il decesso è avvenuto ai primi mi marzo e in quelo momento la registrazione viene affidata ai pm. Un colloquio terribile, che avviene nel momento in cui i medici comunicato all’ex modella il possibile avvelenamento. «Preparati - si sfoga Imane - Io non sapevo cosa avessi fino a quando a che non è arrivato dottore a dirmelo stamattina, che dai risultati sembra che qualcuno mi abbia avvelenato. I dottori mi hanno chiesto: “Ma lei ha avuto questa sensazione?”. Io lo sapevo già, sentivo questa roba che volevano avvelenarmi, farmi fuori, però non ho detto nulla ai medici perché se ne rendessero conto dagli esami. Hanno aspettato a dirmelo perché volevano essere certi dei risultati e stamattina me lo hanno comunicato. Non hanno detto nulla ai miei, perché erano la prima volta che li vedevano e gli sarebbe venuto un colpo». L’avvocato è incredulo: «Io non me l’aspettavo». Risposta di Imane: «Io sì, perché sto morendo. Sapevo che qualcuno mi aveva fatto qualosa, me l’aveva fatto capire ma non volevo esagerare. Ma mi aspettavo che me lo dicesse il medico».

IL POLONIO
La procura ha chiesto oggi l’archiviazione dell’inchiesta. «Se l’esito finale della consulenza è piuttosto sicuro sulla malattia, resta aperta - ma non è assolutamente possibile accertarla - la causa che ha generato qusta malattia. Possono essere molteplici, a cominciare da eventuali infezioni», afferma il procuratore capo Francesco Greco. La malattia di Imane è rara, ci sono cinquanta 0casi all’anno, il consulente ha specificato che la terapia immunosoppressiva non avrebbe funzionato. La diagnosi è arrivata il 26 febbraio, la modella è morta tre giorni dopo. «La consulenza ha esaminato ogni aspetto, anche quelli percentualmente più improbabili - puntualizza Tiziana Siciliano - Quanto alla radioattività, la sintomatologia risultava astrattamente compatibile alle varie forme di avvelenamento e contaminazione. Un accertamento fatto in precedenza su un campione di urina disgraziatamente aveva dato esito positivo: aveva segnalato un movimento delle onde alfa, con una frequenza vicina a quella radioattiva del polonio. Era solo un movimento, una traccia, che gli scienziati hanno ritenuto meritevole di approfondimento. E che noi abbiamo preso in considerazione con scrupolo per evitare che in sede autoptica i medici corressero rischi». Intanto la famiglia annuncia che si opporrà all’archiviazione. Per la madre e il fratello Imane poteva essere salvata: «La terapia a cui è stata sottoposta non era consona», asserisce l’avvocato Mirko Mazzali. 


Ruby, Imane Fadil morta per malattia, chiesta l'archiviazione dell'indagine. Al legale disse: «Vogliono farmi fuori»