Industria: l'export italiano supera quota 50% del fatturato

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Nel 2023, per la prima volta, la quota di fatturato dell'industria manifatturiera italiana generato dall'export supererà la soglia del 50 per cento. E' il dato evidenziato nel 103 esimo "Rapporto Analisi dei settori industriali" di Intesa Sanpaolo -redatto in collaborazione con Prometeia e presentato a Milano- che sintetizza una condizione di sostanziale buona salute e di solidità in prospettiva dell'industria Italiana. «Questo è un dato molto importante, non solo una soglia psicologica - commenta Gregorio De Felice Chief Economist e Responsabile Ricerche di Intesa Sanpaolo - Il fatto che più della metà di quello che produciamo in Italia siamo capaci di venderlo all'estero è qualcosa che non si improvvisa, ma che viene da lontano. Viene da una scelta precisa del manifatturiero italiano di puntare sui mercati esteri e di puntare su prodotti di qualità di fascia medio alta. Abbiamo insomma abbandonato i prodotti di qualità bassa, o a basso prezzo, perché non saremmo stati competitivi. Quindi si afferma una forte vocazione all'export con risultati di questo genere che poi si concretizzano in un avanzo commerciale al netto della bolletta energetica che nel 2027 supererà i 110 miliardi di euro».

In prospettiva - si legge nel Rapporto - il manifatturiero italiano dovrebbe crescere nei prossimi anni a ritmi più vivaci di quelli degli ultimi decenni: 1,3% medio annuo nel 2024-27 a prezzi costanti e del 2% a prezzi correnti.

Risultati che, dopo gli anni della pandemia e nel pieno della crisi Ucraina, danno conferma delle capacità di resilienza del nostro sistema produttivo. «Una resilienza, e una capacità di trasformarsi delle nostre industria manifatturiera che mostra una grandissima competitività nel mondo - aggiunge Alessandra Lanza, senior partner di Prometeia - Le nostre imprese hanno attraversato prima la crisi Covid e poi il caro energia uscendone comunque forti e strutturate. Sono pronte ad affrontare le sfide del futuro, sfide che non sono per nulla banali sia dal punto di vista tecnologico, sia dal punto di vista della trasformazione ecologica, sia dal punto di vista della trasformazione digitale».

Il rapporto mette in evidenza però anche alcune criticità che potrebbero risolversi in fattori fortemente penalizzanti per il nostro sistema produttivo, prima fra le altre il gap generazionale e l'invecchiamento della forza lavoro. «Sì siamo in ritardo da questo punto di vista - afferma De Felice - La percentuale dei lavoratori con meno di quarant'anni è decisamente bassa nel confronto internazionale, soprattutto rispetto alla Germania, e anche il livello dei top manager over 60 è in decisa crescita mentre calano percentualmente quelli con meno di quarant'anni. Ma non dobbiamo abbandonare i più maturi, bensì creare un'osmosi, una simbiosi tra i più giovani e i meno giovani perché i giovani portano energie, nuove tecnologie, nuove idee. Mentre il chi ha fondato l'azienda ha la propria esperienza ha la propria cultura, e l'osmosi tra le due generazioni sarebbe molto opportuna»

Il Rapporto infine evidenzia che gli investimenti continueranno a essere il principale volano della crescita, sia quelli pubblici attivati dal Pnrr sia quelli privati, indispensabili per il rafforzamento competitivo. Anche negli ultimi anni - si stottolinea - si è registrata una significativa crescita degli acquisti di macchinari avanzati e degli investimenti digitali a conferma della grande attenzione delle imprese al progresso tecnologico, in chiave digitale, ambientale e di efficienza.

«La nostra industria sta bene - conclude Lanza - E' in salute, ed e in grado di fare fronte alle prossime sfide».