«La particolarità delle pietre d’inciampo, è che non devi recarti lì apposta per vederle, la memoria è ovunque e diventa parte integrante della vita quotidiana». A dirlo è Aldo Luperini dell’Istituto di biologia e biotecnologia agraria del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ibba) di Milano spiegando che sono infatti oltre 70 mila, in tutta Europa. Si tratta di un monumento “piccolo ma discreto”, sottolinea il ricercatore in un video pubblicato in occasione del Giorno della Memoria, che ogni 27 gennaio commemora le vittime dell’Olocausto. Si tratta di mattoncini in ottone, posizionati di fronte all’ultima abitazione di persone libere, vittime dei nazisti e degli alleati fascisti, ciascuno dei quali riporta il nome e cognome, la data di nascita, la data e il luogo di deportazione e la data di morte. Ed è proprio grazie a queste pietre d’inciampo, come vengono chiamate, che il ricordo dei caduti della Shoah si fa più diffuso. Il pensiero ai deportati parte dalle strade, dalle piazze che calpestiamo ogni giorno, andando a comporre una mappa della memoria non relegata a un singolo monumento o a un singolo giorno. E’ il modo in cui quelle pietre, con discrezione, partendo dal basso, ‘inciampandovi’ quasi per caso, riescono a metterci in relazione col passato.
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