Seconda ondata, i bar e lo stop alle ore 22: «Coprifuoco? Tsunami»

Seconda ondata, i bar e lo stop alle ore 22: «Coprifuoco? Tsunami»
di Luca Telli
Sabato 17 Ottobre 2020, 09:53 - Ultimo agg. 20 Ottobre, 12:59
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I locali della movida si preparano all'impatto con Covid 19. Se la prima ondata è stata un pugno pesantissimo al fegato, la seconda rischia di far suonare il gong molto prima della fine dell'incontro. Tutti a rischio, nessuno escluso. Anche le imprese più solide infatti potrebbero non reggere l'urto nel medio lungo periodo.
Le limitazioni orarie che ieri hanno accompagnato l'inizio del primo weekend dopo il Dpcm del 12 ottobre (dalle 21 solo servizio al tavolo e chiusura alle 24) potrebbero, o saranno, solo un assaggio. «Si parla di coprifuoco, di chiudere le porte alle 22. Non ha nemmeno troppo senso sottolineare l'effetto domino che ne uscirebbe. Tsunami è forse la parola che rende meglio l'idea», spiega Filippo Palumbo titolare del Magnamagna winter garden, locale simbolo della movida di San Pellegrino frequentato da centinaia di giovane.
Dalla Regione, dove nel pomeriggio di ieri si è tenuto un vertice di emergenza, l'eventualità di nuove e più dure restrizioni sul modello Campania sembra per ora scongiurato: rimandato alle decisioni che prenderà il governo. Che, nei giorni scorsi, ha prospettato un nuovo fondo di sostegno per le attività di ristorazione e le strutture recettive da 3miliardi di euro da inserire nella manovra. Un argine con un orizzonte lontano su cui grava il peso delle burocrazia, decisiva nel rallentamento dell'erogazione dei finanziamenti agevolati nei mesi scorsi.
«Ora è più importante che mai intervenire spiega Paolo Bianchini del movimento Mio da ieri in sciopero della fame i recenti provvedimenti del governo vanno in una direzione opposta alla realtà: sembra vogliano ucciderci. Chiediamo un intervento a sostegno del comparto vorremmo parlare del presidente Mattarella e dal governo Conte, un atto ufficiale, a tutela del nostro comparto». Alzare una barriera non è facile neppure sulla carta. Le armi per i bar poche e spuntate, la più incisiva delle quali passa per il servizio take away e le consegne a domicilio di cocktail e bevande, come sperimentato lo scorso mese di aprile.
«Ma si tratta di un palliativo, non può risolvere i problemi di gestione di un locale che anche quando gira al minimo ha dei costi elevati continua Palumbo - . La verità è che possiamo fare poco o niente, il futuro delle nostre imprese in questo momento è solo parzialmente nelle nostre mani. Misure eccessive? Le notizie che abbiamo sono di riflesso, chi ha in mano i dati ha degli strumenti migliori». Resistere è la parola d'ordine. Una missione resa ancora più difficile dall'esodo dal centro, tanto deserto in questi giorni da sollevare l'allarme da parte non solo dei baristi ma anche dei negozi di abbigliamento che stanno pagando lo scotto più duro. E dall'aggressività dal virus: crescono infatti i locali costretti alla serrata per colpa di contatti con persone poi risultate positivi al test.
Tre, nell'ultima settimana, quelli che tra Viterbo città e le sue frazioni hanno dovuto abbassare la saracinesca.
 

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