«E con questo nuovo stop siamo a 6 mesi di chiusura». Nessuna polemica, solo una triste presa di coscienza e un pizzico di frustrazione per una comunicazione che sarebbe potuta arrivare prima. «Perché nessuno di noi ha pensato a una riapertura a gennaio, come vedono la situazione dell’alto la vediamo anche noi qui – spiega Franco Malè, titolare della palestra Fitness Palace -. Piuttosto sarebbe servito per non dare false speranze agli iscritti».
Sulla nuova data di ripartenza fissata al 5 marzo sono in pochi a scommetterci, ma intanto c’è da fare i conti con le spese correnti e le cartelle del fisco, posticipate ma che non resteranno nei cassetti in eterno. «Spese che non è facile coprire – continua Malè -. Adesso aspettiamo che anche per noi, come è stato per altre attività, arrivi un nuovo sostegno economico. Palestre, come cinema e teatri che stanno pagando il prezzo più altro, sono entrate erroneamente in quelle categorie non essenziali, per chi vive di questo è un po’ difficile da capire».
Basta dare uno sguardo ai miliardi di euro, circa 10 che rappresentano una fetta considerevole di PIL, che annualmente genera il mondo del fitness e tutti satelliti che ci girano intorno: dai personal trainer, agli istruttori, alle case produttrici di attrezzature sportive «che qualche parola e qualche iniziativa avrebbero potuto metterla in campo, invece di chiudersi nel silenzio», spiega Malè.
«Spegnere lo sport non è mai una cosa giusta. – spiega Renato Sini, personale trainer e pluricampione di arti marziali -. Significa tenere al palo milioni di persone al giorno». Il problema, continua Sini, è in prima istanza economico per gli imprenditori di settore ma a cascata si ripercuote sulla società: «Per alcuni è lavoro, per altri una valvola di sfogo, per altri ancora una terapia psicologica. I dati ci dicono che le misure adottate dalle palestre dopo l’estate le rendono più sicure rispetto a tanti altri luoghi, penso per esempio ai servizi di trasporto. Mettere sullo stesso livelle palestre e bus o metro è follia».
Concetti che Sini aveva già espresso nei mesi scorsi quando era stato promotore di un sit in sotto la prefettura destinato a restare caso isolato almeno per ora. «Le regole ci sono e le rispettiamo. Chiunque ha fatto o faccia sport ha questo comandamento fissato nella testa, ma non rinunceremo a far sentire la nostra voce».