Aldo Balestra
Diritto & Rovescio

Nel Napoli campione
le due facce di Napoli

La statua del Cristo Velato raffigurata con la mascherina di Osimhen. Sotto, Osimhen e Kvaratskhelia
La statua del Cristo Velato raffigurata con la mascherina di Osimhen. Sotto, Osimhen e Kvaratskhelia
Aldo Balestradi Aldo Balestra
Domenica 12 Marzo 2023, 13:58 - Ultimo agg. 18:14
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«Spalletti: “Kvara ha fatto un gol degno di Maradona”»  (Ansa, Napoli 11 marzo 2023)
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Nella fantastica cavalcata del Napoli verso il suo terzo scudetto c'è tutta Napoli con le sue eterne, evidenti contraddizioni che ne fanno una città unica al mondo, dai tempi di Partenope. Sarà che il +18 sulla prima inseguitrice in classifica, a questo punto del campionato, concede più tempo perché emergano e si definiscano i caratteri di questa vicenda sportiva che finisce per essere l'immedesimazione della stessa città: del suo paradiso (tanto) e del suo inferno (pure).

Napoli è così, eccessiva in tutto. Si dona generosa, ma ti chiede anche il conto. Come ai tempi di Maradona, sul campo fa sognare Kvaratskhelia, un ragazzo georgiano che segna e ubriaca gli avversari a suon di dribbling, è che il suo nome è troppo difficile, meglio chiamarlo solo Kvara. E al centro dell'area comanda Osimhen, detto “Osi” (vedi al punto precedente, ndr), il ragazzone nigeriano con l'improbabile ciuffo biondo e la mascherina para-colpi al viso, che i napoletani sognanti hanno messo ovunque: l'hanno poggiata sulla statua del Cristo Velato, sulle foto del Vesuvio, sulla pizza margherita  e persino sulle zeppole. C'è il sofismo concreto di Spalletti  (che secondo noi si diverte un mondo ad annichilire gli avversari, ma non lo fa vedere: vuoi vedere che un po' è scaramantico?) e la spacconaggine di De Laurentiis con gli occhietti vispi che fiutano l'affare (ulteriore) al botteghino, come un Paperon de' Paperoni.

Epperò l'affare lo fiuta anche la camorra, sempre pronta ad essere sul pezzo: va, da sempre, dove ci sono i soldi. E il Napoli, con le sue maglie azzurre, le tute e le bandiere, le mascherine di Osimhen e i ciondoli scaccia-malocchio, gli stemmi e le calamite, ne lascia intravedere tanti. Affari milionari in nome del falso su vasta scala, in tutto il mondo, perchè Napoli (con la sua squadra) è in tutto il mondo, e così l'amore dei suoi tifosi.

Immenso. Totale. Come la città. Napoli (e il Napoli) è così: piange e ride (il detto originale in dialetto rende di più, è vero, ma lo evitiamo qui), contagia e si fa contagiare, esulta e uccide, mangia e soffre, è generosa e ti opprime.

Non è così forse, Napoli, miseria e nobiltà, genio e sregolatezza da sempre, ma celebrata anche nella rappresentazione libraria e cinematografica di oggi, dai gialli di De Giovanni alla genialità di Elena Ferrante, da Gomorra a 'O mare for? Gli opposti si affrontano così, inesorabilmente, da sempre. Nell'eccesso. Male e bene, l'azzurro come il cielo, il mare (e la maglia della squadra) e il sangue versato dei morti ammazzati, il soccorso corale al turista scippato e lo scippo che si rinnova, il pizzo sul caffè e il caffè sospeso, la sopraffazione dei nuovi violenti e la sopportazione rassegnata di chi non si fa più illusioni. "Napoli siccome immobile" coniò Aldo Masullo per descrivere la città. Dentro c'è tutto.

In mezzo, forse esattamente al centro, resta regolatrice di tutto la fantasia, indipendentemente al servizio del bene o del male, a seconda di dove si trova il pendolo in quell'istante. La fantasia c'è dall'atto di fondazione della città, ecco perchè di qui fino al (meritatissimo) terzo tricolore vedremo di tutto: roba che ci farà sorridere, felici per Napoli e i napoletani, ma anche altra roba che ci farà piangere e riflettere, come da sempre Napoli ci ha abituato. Magari stavolta speriamo che le lacrime di gioia possano avere la meglio, ma sì speriamo. Alla faccia di chi giudica Napoli senza conoscerla (ed amarla) per quella che è. Napoli, appunto.
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«La gioia è una dilatazione e un'esaltazione dell'anima» (Lacord, Conferenze di Tolosa)

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