Maria Pirro
Prontosoccorso

«Non chiamiamoli mostri, ecco perché le parole spingono a sottovalutare le violenze»

Scarpe rosse simbolo del movimento anti-femminicidi
Scarpe rosse simbolo del movimento anti-femminicidi
Maria Pirrodi Maria Pirro
Martedì 29 Agosto 2023, 20:30 - Ultimo agg. 20:32
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Quanto pesano le parole. «Ce ne sono tante difficili da digerire», avvisa Elvira Reale, psicologa e responsabile dello sportello anti-violenza del Cardarelli, proponendo un glossario contro i femminicidi. Spiega: «Anche attraverso il lessico si afferma una certa tendenza a sminuire pericolosi comportamenti, e a sottovalutare, fino a giustificare, le aggressioni».

La prima parola che dovrebbe essere tabù?
«Guai a chiamarli "mostri", pensando che gli uomini violenti siano altro da noi. Sono persone normali, quelle che maltrattano e uccidono le donne: negli ultimi dieci anni, ne ho seguite quasi duemila, partner o ex con profili cosiddetti ordinari».


Quali?
«Impiegati, imprenditori, operai, disoccupati e lavoratori in nero, anche medici di un ospedale in cui ho lavorato».

Per questo non si può parlare di raptus?
«Mai. Il raptus indica un istinto improvviso, la perdita di controllo. Questi uomini invece sono maestri proprio nell'esercizio del controllo sulle donne; utilizzando la violenza fisica, ma soprattutto quella psicologica, cercano di avere il dominio, fondato sulla paura».


Eppure, il termine si utilizza spesso.
«È anche nella giurisprudenza: serve per alleggerire la colpa, e quindi la pena».

Anche la gelosia non può essere un'attenuante.
«Un uomo violento si altera anche per la telefonata a un'amica: non vuole che la donna abbia autonomia. L'obiettivo resta il controllo».


Una «follia»...
«Nemmeno. Parlare di pazzia è un modo per sottrarsi al carcere: ho lavorato in diversi ospedali psichiatrici».

Quindi?
«Il folle, se uccide, lo fa in risposta a un sistema di pensiero personale che lo ha deviato dal rapporto con la realtà; mentre il violento in genere è integrato e non ha mai dato prova di vivere in un mondo parallelo costruito dalla malattia.

Delirio di gelosia? È un modo per far rientrare dalla finestra il delitto di onore. Uccidere il partner, soprattutto quando ha deciso di chiudere la relazione, corrisponde al desiderio di vendicarsi, annientando la donna perché si è sottratta al dominio».


Tradimento è un'altra parola ricorrente nelle cronache di femminicidio.
«Può spiegare la crisi coniugale, ma non deve essere considerato un'esimente anche nelle sentenze: semplicemente, è possibile separarsi».
 

«Colpa della passione».
«Ma quasi mai le passioni spingono le donne a commettere le stesse violenze all'interno della relazione. Torma qui il tema dell'asimmetria di potere per cui gli uomini gestiscono emozioni e sentimenti nel verso della sopraffazione».

E una donna, se bella, è più esposta...
«Di notte, lei deve stare attenta a non dare nell'occhio. Non a caso l'anoressia è spesso un effetto di violenze subite: il tentativo di far scomparire le proprie forme, quelle che l'uomo vede come una tentazione. Ma, a giudicare da un verdetto dei giudici, anche essere brutta può rivelarsi un problema, e persino cancellare l'accusa di stupro, in quel caso in quanto non ritenuta "oggetto del desiderio"»

E i figli?
«Nelle storie che ho raccolto in ospedale, la donna non denuncia proprio perché madre: spesso le violenze cominciano già durante la gravidanza, e le persone più vicine alla vittima, se incinta - a volte anche operatori sanitari e forze dell'ordine - suggeriscono di sopportare per "non togliere il padre ai figli'", Ignorando che i bambini possono essere vittime anche loro (maltrattamento assistito)».

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