Le coltivazioni biologiche primato del Mezzogiorno

La Commissione Ue ha fissato un obiettivo ambizioso: raggiungere entro il 2030 il 25% della superficie a coltivazioni biologiche

Le coltivazioni biologiche primato del Mezzogiorno
Le coltivazioni biologiche primato del Mezzogiorno
di Anna Maria Capparelli
Sabato 11 Maggio 2024, 08:30 - Ultimo agg. 14:21
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Spuntano al Sud i primati dell'agricoltura biologica. Sostenibilità e innovazione sono le parole d'ordine per il nuovo corso dell'agroalimentare made in Italy in linea con la strategia green dell'Unione europea. La Commissione Ue ha fissato un obiettivo ambizioso: raggiungere entro il 2030 il 25% della superficie a coltivazioni biologiche. Una sfida raccolta dall'Italia in un settore produttivo a forte trazione meridionale.

Come per la ricerca, anche per il bio infatti la spinta parte dal Sud dove l'incidenza delle superfici ha già raggiunto il 23,8% a fronte del 18,7% della media nazionale (comunque avanti rispetto al 9,6% dei 27" con il 35,7% della Calabria, il 28,8% della Sicilia, il 25,8% della Basilicata, il 24,9% della Puglia e il 19,7% della Campania. Tutte dunque hanno ingranato la marcia e molte hanno raggiunto con grande anticipo l'obiettivo. Anche l'incidenza delle aziende green sul totale è decisamente più elevata nel Mezzogiorno. Ai primi tre posti la Calabria con il 10,5%, ex aequo Sicilia e Basilicata con il 9,2% e a seguire la Campania con l'8,4 per cento. Anche in questo caso, numeri superiori alla media italiana che si attesta al 7,3%. La crescita degli operatori del settore non si ferma e premia Sicilia, Puglia, Calabria e Campania. 

La frontiera 

Insomma le regioni del Sud hanno contribuito enormemente al successo di questa nuova frontiera agricola. Superano i 2 milioni gli ettari investiti a coltivazioni pulite e le aziende impegnate sono le più evolute con una dimensione media di 28 ettari a fronte degli 11 di quelle tradizionali. In una Unione europea che negli ultimi anni ha fatto delle scelte produttive sostenibili la sua bandiera, il Mezzogiorno ha offerto un contributo importante per il raggiungimento del primato verde delle campagne italiane. Numerose infatti le aziende che hanno scelto questo metodo di produzione che richiede più innovazione e l'applicazione di avanzate tecnologie, a partire dai sensori in campo, in grado di preservare al massimo la naturalità delle colture. Un'attività produttiva che vede impegnati imprenditori più giovani e con titoli di studio più alti che caratterizzano un tessuto produttivo dinamico. Il forte radicamento del bio nelle campagne meridionali conferma ancora una volta come, anche in questo campo, il Sud viaggi all'avanguardia smentendo così i vecchi e logori luoghi comuni. 

Il dettaglio 

Secondo un'analisi della Coldiretti il 43% dei terreni coltivati a bio è destinato a grano, orzo e avena, il 28% a prati e pascoli per l'allevamento, il 24% a frutteti, oliveti e vigneto e il 2,5% a ortaggi. Quanto al peso delle aree bio per le singole produzioni alcune hanno raggiunto e spesso superato il traguardo fissato da Bruxelles, in particolare frutteti (25,8%), agrumeti (31,3%) e oliveti (27,5%) concentrati al Sud. 

Le filiere 

Le filiere biologiche sono anche export oriented come emerge dagli ultimi dati presentati da Assobio al Salone dell'alimentazione Cibus. Il mercato estero vale infatti 3,6 miliardi, quello domestico 5,4 miliardi. E le spedizioni all'estero hanno segnato una crescita dell'8% nel 2023 con un balzo del 203% rispetto al 2012. L'export del biologico incide per il 6% sul totale dell'agroalimentare ed è il vino ad avere il peso maggiore, pari all'8,5% con un aumento del 7%. Anche i consumi in casa hanno retto, nonostante l'impatto dell'inflazione che ha penalizzato la spesa alimentare delle famiglie italiane. La tenuta della domanda di biologico è confermata dai dati dell'Osservatorio Ismea-Nielsen che hanno registrato nel 2023 un aumento interno del 5,2% con andamenti differenziati tra i vari prodotti. Lieve incremento per la frutta, più incisivo per ortaggi, pesce, latte e formaggi, uova, vino e spumanti. Poco gettonati invece carni e salumi.

Il carrello della spesa bio premia l'ortofrutta ed è in ripresa, dopo la caduta del 2022, il vino con un fatturato aumentato di più di tre milioni. E anche sul fronte dei consumi il Mezzogiorno ha guadagnato posizioni superando il 12% e riducendo la forbice con il Nord dove si concentravano tradizionalmente gli acquisti. Nelle regioni meridionali infatti lo studio Ismea-Nielsen ha rilevato la maggiore intensità della spesa.

Anche se l'Italia con 62 euro l'anno pro capite non riesce a raggiungere i grandi consumatori come la Svizzera (437 euro), la Danimarca (365) e l'Austria (274), ma la distanza resta, secondo i dati Assobio, anche con i Paesi più simili come la Germania (181 euro) e la Francia (176 euro). Il biologico italiano si conferma comunque da primato e spesso il green si affianca anche al marchio Dop come accade per alcune produzioni, per esempio l'olio extra vergine d'oliva o la mozzarella di bufala che diventano così delle super eccellenze. Un settore in salute, ma che qualche problema da risolvere lo ha ancora.

Le norme 

L'handicap maggiore spiega Francesco Giardina, responsabile del settore biologico di Coldiretti, uno dei massimi esperti che ha seguito queste produzioni per molti anni nel ministero dell'Agricoltura è la quantità di importazioni che arrivano da Paesi terzi e che non rispettano le stesse regole imposte alle produzioni europee e italiane in particolare. Si tratta di prodotti a basso costo che rischiano di confondere il consumatore e inquinare il mercato. Sull'etichetta si può leggere solo provenienza Ue o non Ue e dice Giardina si tratta di un'indicazione troppo generica che non garantisce chi acquista soprattutto perché manca ancora la conformità delle regole per il biologico applicate nei Paesi terzi e dunque non è rispettato il principio della reciprocità.

La legge sul biologico, approvata due anni dopo un lunghissimo iter e tante contestazioni, ha previsto l'introduzione di un marchio finalizzato proprio a caratterizzare la provenienza della materia prima. In questo modo si potrebbe valorizzare il vero made in Italy, ma il marchio è ancora lettera morta. Sta andando avanti invece la promozione e qualche giorno fa il ministero dell'Agricoltura ha pubblicato un bando con 12 milioni di budget, per l'assegnazione di agevolazioni a progetti finalizzati a favorire produzioni agricole a ridotto impatto ambientale e promuovere filiere e distretti bio con particolare attenzione ai giovani. Un aspetto cruciale, evidenziato da Giardina, sono i controlli che devono essere sempre più efficienti ed efficaci.

Un'altra nicchia da non sottovalutare e molto diffusa al Sud è poi quella delle produzioni biodinamiche, che si realizzano seguendo le pratiche naturalistiche inventate da Rudolf Steiner nel 1924, e che sono particolarmente proiettate sui mercati esteri. 

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