Da Napoli a Bari in treno risparmiando cento minuti di viaggio. Adesso ci crede anche la Banca europea degli investimenti che ieri ha deliberato il più grande singolo finanziamento della sua storia: 2 miliardi di euro per la linea ad alta velocità Napoli-Bari.
Un prestito che copre un'opera pubblica già interamente finanziata dallo Stato, per cui l'intervento assume un doppio valore, simbolico e finanziario. Dal punto vista simbolico, il progetto Napoli-Bari diventa a tutti gli effetti una iniziativa europea, visto che la Bei finanzia esclusivamente azioni coerenti con gli obiettivi dell'Ue; e infatti la Bei sottolinea sia che l'opera consentirà di ridurre l'inquinamento (oggi il traffico fra Campania e Puglia è quasi esclusivamente su gomma) sia che la linea ferroviaria è un tassello della rete Ten (Trans-European Network) Scandinavia-Mediterraneo: «Ridurrà le emissioni di carbonio e sosterrà lo sviluppo sociale ed economico del Sud Italia», sottolinea la Bei.
LEGGI ANCHE Ferro e gomma, salto nel futuro ad alta velocità
Del Ten Scandinavia-Mediterraneo fa parte anche il Ponte sullo stretto, già approvato dall'Unione europea come elemento funzionale al miglioramento di tutta la rete di trasporti nell'Italia meridionale e in Sicilia. Il secondo aspetto dell'intervento Bei è, appunto, finanziario. L'Italia ha già appostato sulla Napoli-Bari 6 miliardi e 198 milioni affidando i lavori alle Ferrovie dello Stato, che è stazione appaltante, per cui il prestito da 2 miliardi, a un tasso di interesse irrisorio come tutti i finanziamenti della Bei, consente nell'immediato di spostare un importo equivalente alla somma finanziata dalla Bei per nuove necessità, auspicabilmente ancora nel Mezzogiorno, sul medesimo Ten e in particolare sulla ferrovia Salerno-Reggio Calabria, anch'essa da velocizzare, dove invece si è ancora allo stadio degli studi di fattibilità.
Il finanziamento della Bei, inoltre, dà certezza di immediata disponibilità di risorse e quindi consente di far partire finalmente la gara per il lotto più complesso del percorso, quello tra la nuova stazione Hirpinia in Campania e Orsara in Puglia, lotto che da solo pesa per un quarto dell'intera opera: 1.535 milioni di euro. È il più ardito perché affronta l'attraversamento dell'Appennino, con 25 chilometri di galleria. Con l'apertura dei cantieri lavoreranno 2.000 persone.
Il progetto definitivo del tunnel appenninico è stato approvato lo scorso giugno dall'amministratore delegato di Rfi, Maurizio Gentile, che è anche commissario per l'opera in base allo Sblocca Italia del 2014, decreto che all'articolo 1 prevedeva proprio l'accelerazione dei lavori per la Napoli-Bari, anche se non erogava ancora le somme necessarie. E, a proposito di denaro, per il lotto Hirpinia-Orsara è stato necessario un incremento di 109 milioni rispetto ai costi preventivati, somma recuperata da risparmi di identica entità sul tratto successivo, in Puglia, Orsara-Bovino.
Nel lotto Hirpinia-Orsara sui 1.535 milioni stanziati la maggior parte, ovviamente, è per la realizzazione delle opere. Ma sono stati appostati anche 2,8 milioni per acquisire le aree, 2,8 milioni per i monitoraggi ambientali, 32,5 milioni per la «riambientalizzazione dei siti di deposito», 1,6 milioni per le indagini archeologiche, 1 milione per «risoluzione interferenze» e 39,7 milioni per generici «imprevisti».
LEGGI ANCHE Cantieri aperti, grandi manovre nel Mediterraneo
I lavori, secondo il progetto, dureranno 2.710 giorni naturali tra progettazione esecutiva e realizzazione delle opere. Quindi sette anni e mezzo, per cui si arriverà certamente al 2028. La Bei però, ottimisticamente, continua ad accreditare nella sua nota ufficiale il 2026 come l'anno per l'ultimazione dell'opera. Qualche beneficio, per i passeggeri, ci sarà a partire dal 2023 con la conclusione dei lavori di raddoppio e velocizzazione sulla tratta Cancello-Frasso Telesino. Nel frattempo, tra Napoli e Bari, non c'è neppure un treno diretto e si è costretti al cambio, con un percorrenza minima di 3 ore e 40 minuti.