Ferragni, l'ex consulente Ferragni: «Gli errori sono dell’azienda. Ha rinunciato a contratti di pubblicità milionari»

"Tornerei a lavorare con lei", spiega Tommaso Ricci

Chiara Ferragni, l'ex consulente: «Influencer hanno una data di scadenza. Ha rinunciato a contratti milionari. L'errore? Dell'azienda»
Chiara Ferragni, l'ex consulente: «Influencer hanno una data di scadenza. Ha rinunciato a contratti milionari. L'errore? Dell'azienda»
di Alessandro Rosi
Giovedì 15 Febbraio 2024, 10:37 - Ultimo agg. 17 Febbraio, 23:40
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«L’errore semmai è stato commesso dall'azienda. Non nella persona». Tommaso Ricci è l'ex consulente di Chiara Ferragni. Ora è Ceo di Mambo, content factory che produce contenuti su piattaforme di nuova generazione, in particolar modo Tiktok, Twitch e YouTube. Con l'influencer di Cremona ha collaborato diversi anni. «Ha detto tantissimi “no” a molte aziende che avrebbero voluto collaborare con lei». Rinunciando, quindi, a contratti che le avrebbero potuto fruttare molti soldi. 

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Quando si è incontrato con Chiara Ferragni?

Ci incontriamo durante il capodanno tra il 2008 e il 2009. Ci conosciamo attraverso amici in comune, io lavoravo già nel mondo del digitale e lei aveva questo blog che poi di fatto è diventato The blonde salad.com e poi è diventato la dimensione più editoriale del suo business. Era un blog che faceva già diversi milioni di visualizzazioni e per lei era una passione in quel momento, non era ancora una professione.

Come ha influito il suo lavoro?

Iniziamo a chiacchierare un pochino di come funziona il mondo del digital e dei blog, che in quell'epoca storica stava iniziando a diventare un business. E decido di provare ad aiutarla a far diventare un business quello che fino a quel punto lì era semplicemente una passione. Iniziamo a fare il giro delle concessionarie pubblicitarie, a capire chi ci potesse dare una mano, incontriamo diverse realtà lungo il nostro percorso.

Quanto ha lavorato con lei?

Ho lavorato con lei come consulente per 5 anni. Inizialmente in fase proprio di new business pura, quindi lavorando nella relazione con le aziende, che inizialmente acquistavano spazi pubblicitari sul sito. Poi, grazie all'avvento dei social, hanno iniziato anche a considerarla come personaggio.

Perché vi siete allontanati?

Ho concluso il mio mandato con un'azienda che ormai lavorava già nel mondo del prodotto, aveva costruito una redazione online, un magazine. Grazie ai social è diventata un personaggio, prima attraverso un'esperienza negli Stati Uniti di un paio d'anni e poi con un ritorno di popolarità più sul mass Market, e sul mercato italiano è diventata ciò che conosciamo oggi.

Cosa l'ha colpita di lei?

Uno dei grandi talenti di Chiara è quello di intercettare quelle che sono le tendenze e di tradurle in contenuto ancor prima che questo diventino Mass Market. La gestione dei social è sempre stata centralizzata su di lei ed è, credo, una delle chiavi del suo successo. È riuscita a gestire e dare una direzione, come se fosse un po' una direttrice creativa social, a quello che era il suo personaggio, alle sue collaborazioni.

 

 

Cosa ha imparato?

Saper dire di no. Lei ha detto tantissimi “no” a molte aziende che avrebbero voluto collaborare con lei. I “no” sono molto più importanti dei “si” nel nostro mondo, perché ci permettono di essere coerenti con quella che è la strada che decidi di prendere, ma soprattutto di dare valore invece alle aziende con le quali decidi di collaborare.

Chiara Ferragni ha rinunciato a contratti milionari?

Premessa. Il primo momento d'oro del mondo dell’influencer marketing è stato tra il 2011 e il 2012. C’erano tantissime aziende, di ogni genere, che competevano ancora per pochi personaggi, pochi profili, non c'erano così tanti influencer come ce ne sono oggi. Chiara, che era il personaggio più importante sul mercato italiano, era molto ambito da aziende di ogni tipo. Solitamente, ciò che non è lusso e altospendente o è posizionato molto in alto come brand, a volte ha anche più soldi a disposizione per poter associare i propri prodotti e i propri servizi a un personaggio (come ad esempio Chiara) che ha un’immagine posizionata molto più in alto. Lei ha sempre detto di no, cercando di non scendere a compromessi nella collaborazione con brand e prodotti che non rispecchiassero il suo gusto, che non fossero coerenti con quella che era la sua visione. A prescindere dall'aspetto economico.

 

Che periodo sta vivendo ora? Si rialzerà?

Umanamente mi dispiace molto, penso che la quantità di critiche (e anche un po' di odio sui social) che sta ricevendo sia decisamente sproporzionato rispetto a quanto è effettivamente accaduto. Credo che a volte ci dimentichiamo che dietro il personaggio c'è una persona e che non sono necessariamente la stessa cosa. E non sono sovrapponibili. Noi li vediamo sovrapposti, nella dimensione social e digitale, ma sono due entità potenzialmente diverse. Le critiche e il disappunto che per diverse settimane si sono riversate su di lei si sono rivolte alla persona umana, non al personaggio.

Ha commesso qualche passo falso?

L’errore semmai è stato commesso dall'azienda. Non nella persona. Quindi questa sovrapposizione ha generato quanto stiamo vedendo oggi.

Quanto è importante l’aspetto psicologico nel mondo degli influencer?

Quella dei creator o influencer è a volte la prima professione che i ragazzi e ragazze, molto giovani, svolgono.

Senza avere nessun tipo di background né preparazione, e di educazione al mondo social, si trovano accelerati in una dimensione di dipendenza dai like, dalle visualizzazioni, dalle collaborazioni o dall'interesse da parte delle persone senza esserne in nessun modo pronti a gestire tanto l’up quanto il down. Che sono sempre più veloci, in una direzione e nell'altra.

Hai scritto che dalla Ferragni hai imparato a costruire un team e a “contornarsi di belle persone”. Com’era il vostro gruppo di lavoro?

L’attenzione nella selezione delle persone è qualcosa che ancora oggi mi porto come un preziosissimo insegnamento. Oggi gestisco una realtà di 25 persone che abbiamo selezionato in due anni. Sono tutti ragazzi under 30, che però vengono selezionati con una forte attenzione a quelli che sono i valori umani che possono mettere in campo rispetto all'impresa. Questa attenzione c’è stata anche nei primi nei primi anni di quella che è stata la crescita del business di Chiara Ferragni, perché tutti i team member che hanno fatto parte della sua squadra (almeno fino a quando ho lavorato con lei) erano persone che condividevano una passione che erano guidati da valori umani e personali molto solidi pur essendo tutti molto giovani. Si trattava di persone che avevano tra i 20 e 30 anni e che si trovavano a dover gestire delle sfide a livello di business molto importanti.

Quanto è importante un team per un creator o un influencer?

È importantissimo, gli permettono di posizionarsi all'interno del mercato in modo più professionale. Perché se all'inizio la potenza delle piattaforme digitali ti può far pensare di poter costruire un percorso professionale da solo, alla fine ti rendi conto che gestire le collaborazioni e le relazioni con il brand, l'aspetto legale dei contratti, le tecniche di produzione che aumentano, essere al passo coi trend, dover studiare e investire, partecipare eventi e organizzare viaggi o quant'altro, è un vero e proprio mestiere. Tanti creator e influencer si costruiscono oggi delle piccole squadre. È sempre più fondamentale, a volte ancora più dei numeri.

Chiara Ferragni cambierà la sua squadra o manterrà questa che ha adesso?

Non ne ho la minima idea, è complesso ed è impossibile sapere quali sono le dinamiche interne. Io penso che, come in ogni azienda, ci sia una retrospettiva di quello che è successo. Ma non so quanto sia poi utile. Se una persona pensavi che fosse valida prima, probabilmente sarà valida ancora. Gli errori accadono. È vero che quello che è successo ha fatto tanto clamore. Ma la cultura italiana del “non fallimento”, del considerare il fallimento, l'errore come un qualcosa di particolarmente grave non mi appartiene. Il mio punto di vista è che gli errori possono succedere.

Dopo quanto accaduto, c’è bisogno di maggiore trasparenza?

Secondo me no. Più autenticità nella tipologia di contenuto che viene prodotto. Ora c'è il tema Agcom di regolamentare ulteriormente quella che è la comunicazione dell'influencer quando ci sono le collaborazioni commerciali. È un po' come come dire che il pubblico non è in grado di capire quando un influencer sta parlando di un prodotto e lo fa vedere in modo esplicito mi pare abbastanza evidente che si tratti di una pubblicità. Ovvio che è giusto regolamentare, ed è giusto che ci siano delle regole sul mezzo social. Ma non c'è una mancanza di trasparenza e di autenticità nel mondo dell’influencer marketing.

Qual è la differenza tra influencer e creator? 

Ci sono diversi linguaggi di comunicazione. L’influencer tendenzialmente cerca di costruire un contenuto molto curato, a volte in chiave aspirazionale. Quindi un qualcosa a cui una persona deve ambire e alla quale, forse, non può accedere immediatamente. Il creator, invece, usa un linguaggio molto più autentico, immediato, molto più comune che trasferisce un sentimento di familiarità all'utente finale, quindi non c'è aspirazionalità ma vicinanza. Queste le grandi differenze. Questa però questo non significa che l'influencer cerca di nascondere le proprie collaborazioni. Anzi, ormai è totalmente sdoganato questo aspetto. Credo che le persone ormai l'abbiano capito e lo sappiano. La differenza la fa la qualità del contenuto, se fai un product placement forse non stai dando un grande valore al contenuto nei confronti del tuo pubblico, se ci costruisci uno storytelling o un qualcosa di interessante o intrattenimento, forse il pubblico finale lo apprezza di più.

Cos’è il creator?

Una persona che conosce molto bene le  piattaforme, sa perfettamente cosa è in trend e cosa no. È una persona creativa, che sa produrre contenuto in modo totalmente autonomo e quindi permette alle aziende di avere una chiave d'accesso privilegiata per riuscire a essere veramente efficaci oggi sui social. Che è un po' diverso rispetto a pensare e produrre una campagna un po' più autoreferenziale. Affidarsi a un creator per coprodurre un contenuto è sicuramente la versione più innovativa per fare social nel 2024.

Gli influencer o i creator hanno una “data di scadenza”?

Spesso hanno anche un ciclo di popolarità molto più breve rispetto alla longevità dell’influencer. Quindi quello che funziona oggi magari può non funzionare tra tre mesi. È molto più veloce, come se fosse un po' una roller coaster la loro la loro visibilità e popolarità. Che è molto più incentrata sul loro format e meno sul loro personaggio. Se quindi un format si esaurisce, e se il Creator non è bravo a trovare una nuova modalità di comunicazione che sia allineata alla contemporaneità, rischia di non fare numeri e quindi uscire dall'algoritmo.

Come si sta evolvendo la pubblicità?

Ciò che accomuna influencer e creator è sicuramente che c'è una persona dietro, che è protagonista del contenuto, e c'è la capacità di aggregare community di follower in numero anche abbastanza importante. Questi sono sicuramente gli elementi di congiunzione. Ciò che differenzia un influencer da un creator è che il primo “esercita” il proprio potere di influenza grazie al personaggio che si è costruito, quindi con il proprio stile di vita, i propri gusti, le proprie scelte, le attività che fa e al racconto della propria vita. Il creator lo fa con la propria testa, con la propria creatività, quindi nel creare format di contenuto (che vanno dall’intrattenimento l'approfondimento, alle informazioni, all'utilità). In questo caso il contenuto viene prima del contenitore, mentre nell’influencer il contenitore è più importante del contenuto.

Creator del futuro?

Tra questi c’è Mattia Stanga, l'abbiamo visto anche impegnato in questi giorni nel pre Sanremo. Lui è sicuramente uno dei prodotti di successo nati da Tik Tok. Oggi ha oltrepassato il limite del solo creator, diventando anche un personaggio pubblico, motivo per il quale diventa più appetibile anche su mezzi più tradizionali come può essere la televisione.

Quanto contano oggi i follower?

Sempre meno. Gli algoritmi delle piattaforme social stanno portando sempre più maggior attenzione e importanza al contenuto e meno a chi lo produce. È già una tendenza, ad esempio oggi su Tik Tok, di non seguire un personaggio di cui ti è piaciuto un contenuto perché tanto quel contenuto lo rivedrai grazie all'algoritmo. Non hai la necessità di mettere un follow. Sempre di più l'attenzione si sposterà sulla creatività, la capacità di produrre contenuti interessanti e meno sul personaggio che lo produce. La dimensione dei follower è oggi ancora rilevante, perché comunque se pubblichi un contenuto su un profilo di un creator che ha milioni di follower ha inevitabilmente una visibilità indotta. Però la tendenza è a dare sempre meno importanza a quella dimensione.

Cosa impariamo dopo quello che è accaduto?

Non ci trovo delle grandi lezioni, ci vedo solo delle grandi opportunità. Per l'ecosistema dell'influencer c'è la possibilità di costruire un'evoluzione di quella professione, adattandosi a quelle che sono delle tendenze che ormai vediamo in atto da tanto tempo, spostando più quindi il focus sul contenuto e meno sullo storytelling. E questo anche a beneficio del benessere mentale. Se ci si svincola dalla reazione del pubblico, dal numero di follower, dal numero di like e ti concentri sull’esprimere te stesso, il tuo punto di vista, i tuoi valori, una tua visione su un determinato argomento all'interno del contenuto può essere positivo.

C’è chi dice “ha perso il suo carisma”.

Sai, i momenti difficili nella vita esistono. Per tutti. È chiaro che per un personaggio pubblico così grande un momento difficile può essere amplificato, anche al di là di quello che è ragionevole pensare. Ciò non significa che se una persona che lavorasse con me, un cliente o un mio partner, vivesse un momento difficile non per questo lo abbandonerei. Se penso che sia una persona valida e di talento, che condivide il mio modo di pensare e i miei valori, continuerei a lavorarci.

Lavorerebbe oggi con Chiara? 

Adesso assolutamente sì. Chiara è un vanto per tutti noi. Gli errori e gli incidenti di percorso possono accadere nella vita, non per questo secondo me bisogna mettere in discussione tutto quello che è stato prima, ma soprattutto precludere quello che ci può essere nel futuro. Secondo me abbiamo bisogno di persone come lei.

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