Il cibo povero per eccellenza. Impepate, zuppe, spaghetti con annesse leggende e miti: quelle di scoglio, quelle di allevamento, sono sporche, sono pericolose, il giovedì santo, i mesi con la erre (si possono mangiare) e i mesi senza erre (da evitare). Non c’è alimento che sa di popolo come la cozza, quasi che ci si vergogna a volte di mangiarla, o di confessarne la passione, spesso la si guarda con diffidenza, altre la si accusa gratuitamente, di certo non la si porta a tavola nei ricevimenti raffinati, ed è da escludere quando si vuole sembrare eleganti, fino a usare la parola stessa per indicare una ragazza esteticamente non gradevole, diciamo pure brutta (ma non bruttissima come uno scorfano). E, invece, il grande racconto popolare della cozza dovrà riscrivere, a breve, le sue pagine. La cozza vuole entrare nel salotto nobile del cibo di valore.
L’Igp
Anche il celebre mollusco dalla conchiglia nera vuole il marchio di qualità. In particolare, parte da Bacoli (terra di mitili), l’iter per dare alla cozza campana, e più in generale a quella del Mar Tirreno, l’Igp, il marchio di origine dell’Unione Europea. Indicazione geografica protetta è il significato dell’acronimo che, una volta attribuito, distingue un prodotto agricolo o alimentare per una sua specifica qualità o caratteristica legata all’origine geografica. Un bollino di valore, quindi, per una produzione di territorio che si attiene a regole e disciplinari molto rigorosi, controllati da organismi indipendenti. Un marchio che responsabilizza i produttori ma offre anche una garanzia ai consumatori. Il percorso per chiedere l’Igp per la cozza campana sarà presentato lunedì nella sala convegni Ostrichina di Bacoli. I lavori saranno aperti dai saluti del sindaco di Bacoli, Josi Gerardo Della Ragione, e vedranno poi gli interventi di Sergio Cosentini, amministratore del Centro Ittico Campano, Paolo Conte, presidente Gal Parthenope. Prevista la partecipazione del presidente dell’Associazione per la valorizzazione della cozza del Mar Tirreno Campania, Vincenzo Peretti e, tra gli altri, di Antonio Limone, direttore dell’Istituto zooprofilattico sperimentale del Mezzogiorno. Il cammino, in realtà, è già partito nei mesi scorsi con la costituzione dell’associazione per la valorizzazione della cozza del Mar Tirreno Campania. A comporlo alcuni importanti consorzi di produttori, già riconosciuti dal ministero dell’Agricoltura, come il Consorzio produzione “Molluschi Regione Campania” e il Consorzio organizzazione di produttori “Mytilus Campaniae”.
La qualità
L’idea, evidentemente, è di sostenere anche una competizione interna allo stesso mercato dei molluschi.