L'editoriale del direttore Napoletano: il palazzo da costruire insieme

La rinascita di Napoli passa dalla trasformazione della più grande piazza di spaccio di stupefacenti d'Europa

Roberto Napoletano
Roberto Napoletano
di Roberto Napoletano
Domenica 12 Maggio 2024, 08:14 - Ultimo agg. 29 Maggio, 12:50
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Volevo scrivere in questo fondo domenicale di Europa e di economia, di perché è importante difendere l'interesse italiano in Europa e quello della stessa Europa nel mondo. Tutto ciò, davvero molto, che deve cambiare e come in un contesto geopolitico che impone l'esigenza di un soggetto globale che possa competere alla pari con Stati Uniti e Cina (oggi questo soggetto non esiste) e che ponga Mediterraneo e Balcani al centro della sua attenzione e della sua azione. Quanto possono valere questi passaggi apparentemente lontani per consegnare ai nostri giovani sotto casa un futuro che premia il loro talento

C'è, però, un cambio di paradigma che è ancora più urgente e riguarda il Parco Verde di Caivano da rifondare nel deserto di Napoli Nord che ha conosciuto l'orrore di decine di omicidi di camorra e lo stupro collettivo di due ragazzine.

La rinascita di Napoli passa dalla trasformazione della più grande piazza di spaccio di stupefacenti d'Europa in un luogo dove si può studiare, laurearsi, e cominciare a organizzare il proprio futuro. Si deve avvertire il senso profondo di una comunità che si mette in cammino con l'orgoglio e la forza condivisi di chiudere con il buio del passato.

Non può esistere la crescita di un nuovo Sud economico e civile, che invece già c'è e va protetto e consolidato, se la giornata politica si consuma tra un presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, che definisce il parroco di Caivano, don Maurizio Patriciello, come «il Pippo Baudo dell'area Nord con relativa frangetta».

E Giorgia Meloni che è costretta a intervenire per sottolineare che lo Stato è al suo fianco e che «deriderlo è un segnale spaventoso» perché si tratta di «un obiettivo sotto scorta dei camorristi che non gradiscono la sua tenacia nell'allontanare i giovani dalla droga e dalla criminalità». Con don Maurizio che si sente un povero prete dell'area Nord «pugnalato a tradimento» e nuova controreplica di De Luca che ribadisce con «assoluta e definitiva chiarezza» di apprezzare le sue battaglie, ma che non ha «il monopolio della lotta contro la criminalità».

Mi fermerei qui perché un tema serissimo diventa subito dopo materia esplosiva delle propagande elettorali a cui questo giornale non vuole partecipare, ma è assolutamente necessario ribadire con forza che il "nuovo Palazzo" a Caivano ancora non c'è, che c'è stato un impegno vero di risorse finanziarie e una mobilitazione meritoria del governo. Diciamo metaforicamente che sono state buttate giù le fondamenta, cosa importante mai avvenuta prima, e che ora bisogna costruire tutti insieme il primo piano, e poi il secondo, e poi il terzo.

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Bisogna almeno rendersi conto che tutto ciò richiede unità di intenti politici, formazione di una coscienza civile contagiosa che si sente protagonista del cambiamento, e che tutto ciò è assolutamente incompatibile con "picconate" che appartengono al campionario del battutismo della politica che a volte può sorprendere anche positivamente, ma in questo caso crea solo imbarazzi e incide sulla credibilità internazionale di cui più di tutto oggi Napoli, la Campania e il Sud hanno bisogno assoluto.

La storia personale di De Luca è una lunga storia di primaria grandezza, come amministratore e come politico di razza, che non ha mancato, spesso, di fare emergere prima di tutti le contraddizioni del suo partito e di pezzi della coalizione di governo. Ci permettiamo, per la stima che mostriamo pubblicamente con queste valutazioni, di suggerirgli di ridurre il campionario della polemica di giornata che ne ha fatto un personaggio e di attingere al suo patrimonio unico di esperienza, competenze e conoscenze della politica e del Mezzogiorno.

La sua leadership ne trarrà giovamento e anche le comunità che popolano i territori in cui opera come amministratore ne trarranno giovamento. Perché il cambio di paradigma con cui gli investitori globali guardano oggi al nostro Sud è quello di chi chiede solo condivisione tra le istituzioni che si traduca in una rinnovata capacità di governo e in un grande investimento sul capitale umano che consentano di programmare e vincere le sfide di oggi e di domani. È la stessa cosa che chiedono le istituzioni europee. È l'opportunità storica che può fare del nostro Mezzogiorno non più area marginale, ma centro del nuovo mondo e ridare alla politica meridionalista la dignità riconosciuta della grande politica. Come fu per quella del Dopoguerra che regalò al Paese il miracolo economico e un cammino di riunificazione dei divari poi interrotto per egoismi e miopia.

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