Un quadro cristallizzato, finito al centro del fascicolo di indagine. È il quadro del garage, con i movimenti dei singoli addetti al ponte, al garage e al trasferimenti dei mezzi all’interno della nave. Mezzi che vanno arpionati e trasferiti nelle rispettive posizioni, per poi essere fissati, in vista della navigazione che avrebbe portato l’imbarcazione da Napoli a Palermo. Scene che si ripetono ogni giorno, all’interno di decine di imbarcazioni ormeggiate nel porto di Napoli, che sta al centro del dramma che si è consumato sabato notte all’interno della nave Gnv Antares. Una vicenda amara, culminata nella morte di Gaspare Davì, marittimo trapanese di 45 anni, travolto dalla manovra di un semirimorchio. Un caso finito al centro dell’inchiesta condotta dagli uomini dell’ammiraglio Pietro Vella, sotto il coordinamento del pm Mario Canale e del procuratore aggiunto Simona Di Monte, a capo di una sezione specializzata proprio nei reati condotti sul luogo di lavoro.
Omicidio colposo è l’ipotesi al centro dell’indagine, in uno scenario di piena collaborazione tra i vertici della compagnia marittina, i responsabili del gruppo di lavoro e gli stessi inquirenti.
I trattori (o motrici o ralle) stanno caricando gli ultimi semirimorchi. Come raccontato nell’edizione di ieri de Il Mattino, sull banchina ne sono rimasti quattro in attesa di essere caricati. Una volta agganciato, l’autista è chiamato a imboccare in retromarcia la rampa di accesso. Una manovra che avrebbe consentito di piazzare il semirimorchio accanto alla paratia di dritta, in vista del viaggio per Palermo. Qualcosa è andato storto. Non è chiaro se a causare l’incidente sia stata la fretta, la mancanza di prudenza o un eccesso di sicurezza da parte di qualcuno. A bordo, si sa, esistono regole precise, specie quando marittimi e operai devono condividere gli spazi con mezzi in movimento.
Le verifiche
Una vicenda che, al di là degli accertamenti delle singole responsabilità, basta da sola a sollevare l’attenzione dell’intera opinione pubblica sull’emegrenza sicurezza sui luoghi di lavoro. Sabato scorso, sul posto dell’incidente sono arrivati esponenti del mondo sinacale, che hanno portato assistenza e conforto ai lavoratori. In prima linea, Raffaele Formisano, ispettore di Itf/fit cisl, che ha accudito alcuni marittimi letteralmente sconvolti per la morte del collega. Spiega Formisano (anche a nome del coordinatore regionale Fit/Cisl Enrico Stingone): «Certo, non sta a noi individuare responsabilità o colpevoli ma, capire se a questo punto sono sufficienti tutte le misure e le norme in termini di sicurezza affinchè non accadano più simili tragedie e se a queste norme non vadano intensificati i percorsi di formazioni a bordo e a terra nei porti. Non si può perdere la vita in modo cosi banale. Dobbiamo con la nostra azione far si che certi percorsi vengano imposti alle aziende in maniera celere e strutturale».
Una storia che fa i conti con una emergenza nazionale, quella legata alla mancanza di sicurezza nei luoghi di lavoro. La sensazione è che le regole ci sono, ma in diversi contesti non sono rispettate. Fretta, organici al lumicino, mancanza di risorse sono i fattori che in genere sono alla base di episodi tanto luttuosi.