Faida di Mergellina, le accuse: «Ristoranti e ormeggi nelle mani del clan»

Picchiato dal fratello del boss, ha rivelato: «Qui tutti pagano il pizzo al boss Piccirillo»

I controlli a Mergellina
I controlli a Mergellina
di Leandro Del Gaudio
Domenica 18 Giugno 2023, 22:58 - Ultimo agg. 20 Giugno, 09:53
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Praticano usura, estorsioni. Ed entrano in tutti gli affari del quartiere. Non c’è una sola attività economica - sembra di capire - che non sia al centro dei loro interessi. Più di preciso: «Chiedono soldi a tutte le persone della Torretta e di Mergellina, sia a chi ha attività commerciali come ristoranti e ormeggi, che ai residenti». Una piovra, per dirla con le parole di un ex ristoratore ritenuto oggi parte offesa nel corso di un’inchiesta per estorsione aggravata dalla finalità mafiosa.

È lui a puntare l’indice contro il clan Piccirillo, quello ritenuto guidato dal presunto boss Rosario Piccirillo ‘o biondo, a sua volta collegato a stretto filo all’Alleanza di Secondigliano. Una storia, quella del racket imposto in una delle zone più belle e dinamiche di Napoli - parliamo del rione Torretta, a due passi dal mare di Mergellina - che viene fuori da una inchiesta condotta dalla Dda di Napoli, recentemente culminata negli arresti di Ciro Piccirillo. Come è noto ai lettori del sito Il Mattino.it, il 68enne Ciro detto Barabba (fratello del presunto boss Rosario) è statp arrestato per aver aggredito a scopo estorsivo un suo amico di vecchia data. In sintesi, si legge nell’informativa, l’indagato avrebbe imposto a un suo conoscente del quartiere di concedere un appartamento di sua proprietà per il nipote Antonio Piccirillo (ex candidato alle ultime amministrative, estraneo a questa vicenda), per consentirgli di aprire un b&b nella zona.

E non è tutto: sempre secondo il racconto del testimone e parte offesa di questa storia, Rosario Piccirillo avrebbe preteso anche una somma di 5mila euro. Racket e camorra, secondo le accuse, che sono state respinte venerdì mattina dallo stesso indagato, nel corso dell’interrogatorio di garanzia. Difeso dal penalista Paolo Gallina, Rosario Piccirillo si è difeso entrando nel merito delle accuse. Non ha negato il litigio, ma ha respinto l’ipotesi di estorsione, dicendosi convinto di poter dimostrare la fondatezza della sua versione. Sempre Piccirillo ha inoltre fornito una lista di potenziali testimoni pronti a parlare a suo favore, in vista di una probabile udienza dinanzi al Riesame. 

Ma al di là del braccio di ferro in aula, conviene soffermarsi sul racconto tracciato dal principale teste d’accusa a proposito degli affari alla Torretta. A parlare è un ex imprenditore, un uomo che fino a qualche anno fa svolgeva il ruolo di ristoratore, da sempre vissuto tra i vicoli della Torretta: «I Piccirillo chiedono soldi a tutti: a chi possiede ristoranti, a chi possiede gli ormeggi. Che io sappia - insiste - entrano in qualsiasi affare della zona».

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E non è tutto. Stando a quanto emerge da una informativa dei carabinieri del reparto operativo dei carabinieri, i Piccirillo sarebbero anche dediti ai prestiti a usura. Come a dire: prestano soldi a commercianti e residenti, poi chiedono il pizzo sulle loro attività commerciali. Scenario inquietante, soprattutto se si considera il particolare dinamismo economico che sta attraversando quel pezzo di città. Parliamo di una zona molto battuta dai turisti, al punto tale che ogni buco di pochi metri quadrati si è trasformato in attività di ristorazione o in locali da adibire a b&b. Nei mesi scorsi, questo giornale ha raccontato la scomparsa progressiva di antiche attività commerciali (come negozi di ortofrutticoli e di artigianato) per fare posto alla nuova frontiera della ricezione turistica. Uno scenario in cui si attendono risposte dalla Dda di Napoli, sempre a proposito dell’asse che unisce la camorra di Secondigliano con gli ormeggi di Mergellina, passando per l’affitto di un locale da affittare ai turisti in arrivo a Napoli. 

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