I nodi
Due carenze fondamentali: innanzitutto la mancata conciliazione tra lavoro e famiglia, che ha indotto le donne italiane a ridurre il numero di figli (oggi siamo a 1,29: record negativo in Europa), per la mancanza di misure e strutture di welfare adeguate che consentano di includere nei processi di lavoro la condizione materna. «Nel nostro Paese o le donne lavorano o fanno figli, al contrario della media della situazione europea, dove si mette in evidenza una propensione delle donne che lavorano a fare figli», aggiunge Rosina. In particolare, la mancanza di asili nido (o i limiti delle condizioni di effettivo accesso in termini di costi, qualità e orari), vincola verso il basso l’occupazione femminile se non c’è l’aiuto informale dei nonni. Il secondo nodo da sciogliere riguarda i giovani: la carenza di politiche attive per il lavoro. «Nel nostro Paese il lavoro continua ad essere ottenuto più per conoscenze e relazioni familiari che attraverso i canali formali. Fragile è tutta la transizione scuola-lavoro – sostiene Rosina – sia per le fragilità della formazione , sia per le carenze dei centri per l’impiego, che dovrebbero accompagnare l’ingresso nel mondo del lavoro e le transizioni tra periodi di disoccupazione e nuovo impiego. Chi non ha famiglie solide alle spalle presenta sia percorsi formativi più fragili, sia, a parità di formazione, meno possibilità di trovare lavoro». L’Italia è il maggior “produttore” di neet (i giovani inattivi) in Europa. Manca un welfare abilitante. I giovani faticano ad acquisire autonomia dalle loro famiglie, rimanendo a lungo nella condizione di figli. IL RISVOLTOPosizione difensiva
Chi ha meno risorse socio-culturali si sente ancor più schiacciato in posizione difensiva.A ritenere che l’emergenza sanitaria influirà negativamente sul bene comune è il 56% di chi ha titolo basso contro il 43% dei laureati. Diventa quindi indispensabile, attraverso i fondi di Next generation Eu, rimettere al centro la formazione solida delle nuove generazioni, con pari opportunità per tutti. «Penso che oggi l’azione più forte che può mettere in campo il Paese come spinta per la crescita e la riduzione delle diseguaglianze – conclude Rosina – sia quella delle misure che migliorano la condizione delle giovani donne del Sud, perché è qui che si concentra il maggior svantaggio in termini di opportunità ma da dove anche può arrivare il maggior contributo per ridurre gli squilibri territoriali italiani e favorire la convergenza con l’Europa su livelli di formazione, partecipazione al mercato del lavoro, natalità. Il rafforzamento delle politiche, dei servizi e degli strumenti, che si dimostrano migliorare la condizione delle giovani donne del Sud di per sé migliorano la crescita e riducono le diseguaglianze, ma diventano standard di base di un welfare moderno e avanzato a favore di tutti».