Il Consiglio superiore della magistratura può sembrare un ufo, un oggetto costituzionalmente non meglio identificato. Qualcuno azzarda la definizione di organo di rilievo costituzionale, ma quella che meglio gli si addice è organo di alta amministrazione. Perché la Costituzione (e le leggi attuative) attribuisce al Csm un complesso di funzioni la cui natura amministrativa è indiscutibile.
Basta leggere l’art. 105: «Spettano al Consiglio superiore della magistratura, secondo le norme dell’ordinamento giudiziario, le assunzioni, le assegnazioni e i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati». Questo, e soltanto questo, è quello che dice la Costituzione a proposito delle funzioni del Csm. “Ubi non dixit non voluit”. Se poi la prassi ha finito con l’attribuire al Csm poteri che non gli spettano, allora vuol dire che è stata scavalcata la Costituzione. E si può aggiungere che vi è stata una prassi incostituzionale.
Il Csm, la cui sede è stata, in questi giorni, intitolata alla nobile figura di Vittorio Bachelet, vicepresidente del Csm barbaramente ucciso dalle brigate rosse nel 1980, è presieduto dal presidente della Repubblica. Il quale è intervenuto, in occasione della cerimonia di intitolazione della sede, per dire, anzi per ricordare, quali sono i compiti del Csm e dei suoi componenti, laici e togati. Compiti di alta amministrazione e giammai di indirizzo politico, per quanto riguarda le attività dell’organo. Funzione di garanzia e di grande responsabilità per l’equilibrio fra i poteri costituzionali, per quanto attiene i compiti dei consiglieri. Che non devono distinguersi in base alla loro provenienza, in quanto eletti dai magistrati ed eletti dal parlamento, e non devono cercare consenso per sé o per altri soggetti.
È questo un punto nodale del discorso di Mattarella. Il consenso, infatti, passa attraverso l’appartenenza alle correnti della magistratura, che sono chiaramente identificabili in schieramenti politici.
Il problema dell’ordine giudiziario italiano, a differenza di altre esperienze straniere, è quello di essersi avviluppato in una logica di appartenenza correntizia, che destabilizza la figura e il ruolo del magistrato. Perché mette a repentaglio il suo essere e dover essere indipendente, imparziale e soggetto solo alla legge. Il sistema della “partitocrazia” correntizia si esalta in un organo rappresentativo qual è il Csm. Che finisce col diventare una sorta di parlamento dei giudici, dove si fa politica politicante e non gestione amministrativa dell’ordine giudiziario. E non si fa nemmeno politica del diritto, che tutto sommato avrebbe pure un senso. Piuttosto, le correnti si organizzano attraverso logiche di scambio, che assicurano l’interesse dei singoli o di gruppi e che, in tal modo, rappresentano la negazione del pluralismo democratico.
Questo ha detto il presidente Mattarella, che ha aggiunto e auspicato la ricerca di convergenza tra prospettive diverse. Una giusta raccomandazione, che difficilmente verrà realizzata.
E allora? Si potrebbe rilanciare una proposta, più volte avanzata: il sorteggio tra i magistrati, quale modalità per diventare componente del Csm. È il metodo migliore per sparigliare le correnti e dimostrare che il magistrato è davvero indipendente: verso l’esterno, ovviamente, ma anche verso l’interno, quindi rispetto alla propria corporazione. Giudice naturale, come lo chiama la Costituzione, vuol dire anche questo.