Tra i sei e i nove mesi, poi la bancarotta. È la roadmap che attende la Tunisia di Kais Saied se non si riuscirà a sbloccare il prestito da 1,9 miliardi di euro congelato nelle casse del Fondo monetario internazionale. Traffici di esseri umani, criminalità e terrorismo: con uno Stato al collasso, la spirale di instabilità tunisina può colpire l’Europa. Uno scenario che adesso preoccupa anche la Nato. «Sosteniamo l’Unione europea nella sua azione contro l’immigrazione illegale - ha detto ieri il Segretario generale Jens Stoltenberg - lavoriamo con partner come Mauritania e Tunisia per rafforzare la loro capacità e dunque la loro stabilità».
Un crollo dello Stato tunisino, è il messaggio lanciato ieri dall’Alleanza atlantica, pone un enorme problema di sicurezza per il Vecchio continente.
Le trattative
In attesa di un segnale dalla Casa Bianca, a Roma si guarda anche al fronte europeo. All’indomani del Consiglio affari esteri che ha visto Tajani portare il dossier tunisino a Bruxelles, il muro comunitario inizia a mostrare le prime crepe. Si discute infatti in queste ore di un prestito della Commissione europea al governo tunisino da 900 milioni di euro, diviso in tre tranche da 300 milioni l’una. Un piano che potrebbe rientrare nel menù del Consiglio europeo cui domani parteciperà Meloni, anche se per il momento non è in agenda. Manca però l’unanimità tra i Paesi membri Ue, divisi tra chi come l’Italia chiede di abbassare i toni con Tunisi e inviare i fondi e chi invece ritiene improponibile un finanziamento miliardario a un regime autoritario. Nei dispacci tra Roma e Bruxelles, sono continui gli appelli italiani ad evitare toni “paternalistici” verso il governo Saied così come a salvare i programmi di collaborazione economica in essere con il Paese nordafricano, a partire dal partenariato strategico con l’Ue. Il clima resta tesissimo. Il monito dell’Alto rappresentante Josep Borrell sulla «situazione molto pericolosa» in Tunisia si è trasformato in un boomerang. «Solo esagerazioni», hanno tuonato ieri di rimando dal governo tunisino, «la storia dimostra la forte resilienza del nostro popolo». Un muro contro muro che rischia di rinviare a data da destinarsi la missione a Tunisi del Commissario Ue all’Economia Paolo Gentiloni. E accorcia i chilometri che separano lo Stato tunisino dal suo fallimento finanziario.