Raisi, cosa succede in caso di morte? L’esperto: «Con le elezioni i guardiani della Rivoluzione pronti alla svolta più radicale»

Nicola Pedde: la sostituzione di un Presidente implica una forte carica emotiva

Iran, cosa può succedere? L’esperto: «Se si andrà alle elezioni i guardiani della Rivoluzione pronti alla svolta più radicale»
Iran, cosa può succedere? L’esperto: «Se si andrà alle elezioni i guardiani della Rivoluzione pronti alla svolta più radicale»
di Sara Miglionico
Domenica 19 Maggio 2024, 23:29 - Ultimo agg. 20 Maggio, 09:57
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La morte di Raisi, se confermata, provocherebbe un ulteriore passo avanti della seconda generazione della Rivoluzione iraniana, rappresentata dal fronte ultraconservatore dei pasdaran. È probabile che l’elicottero non sia caduto per un sabotaggio o un atto di guerra o terroristico, ma per un vero incidente dovuto alla vetustà del mezzo che risale agli anni ’70. Per gli assetti mediorientali, l’uscita di scena di Raisi cambierebbe poco. Così Nicola Pedde, direttore dell’Institute for Global Studies e massimo esperto dell’Iran.

In concreto che cosa succede adesso?

«In caso di morte o impedimento di Raisi, se confermati, l’articolo 131 della Costituzione prescrive in sostanza che i poteri vengano trasferiti al primo vicepresidente, Mohammad Mokhbér, il quale deve costituire con l’avallo della Guida suprema un Consiglio composto da vicepresidente e presidente dell’Assemblea islamica, potere giudiziario e Parlamento, per la gestione degli affari correnti dello Stato: in 50 giorni dovranno organizzare nuove elezioni.

Politicamente, invece, la questione è più complessa, perché la sostituzione di un Presidente implica una forte carica emotiva. Il capo dei pasdaran ha già detto che bisogna presidiare i rottami dell’elicottero, qualcuno avanzerà il sospetto che sia stato un atto intenzionale e non un incidente…».

Raisi che cosa rappresenta?

«Non è stato un presidente particolarmente incisivo, anzi rispetto ai suoi predecessori degli ultimi 15-20 anni è stato il meno incisivo e popolare, nel bene come nel male: sia tra i conservatori che lo esprimono, sia tra le forze d’opposizione. La successione a Raisi porterebbe a un fortissimo consolidamento della seconda generazione del potere iraniano, la più radicale. Già nelle elezioni di marzo c’era stato nel Parlamento uno spostamento a vantaggio delle forze ultra-conservatrici, della generazione che viene dall’ala militare dei pasdaran che hanno combattuto in Iraq e formano uno Stato nello Stato. I riformisti, e i pragmatici dell’ex presidente Rouhani, sono marginali nel tessuto politico».

Ci sono figure che spiccano per la successione?

«Ce ne sono diverse, ma nessuna ha assunto una posizione pubblica che sia palpabile, e papabile. Le presidenziali erano previste tra un anno, in Iran le campagne elettorali tendono a bruciare chi si candida con grande anticipo. Di fatto, questo è un incidente che azzera i termini della politica iraniana e, se confermata la morte di Raisi, accelererà una transizione che la stessa componente ultra-conservatrice non si aspettava così presto. Quanto ai nomi di possibili successori, entriamo in un’area grigia».

Raisi, l'ultimo video in elicottero prima dell'incidente

La Guida Suprema, Khamenei, ha delle preferenze?

«Noi occidentali continuiamo a leggere la politica iraniana con le lenti degli anni ‘80, nella prima fase della Repubblica islamica, con Khomeini che esercitava un potere assoluto. Oggi la Guida resta una figura apicale, ma non ha più il carisma e la capacità di allora. Il vero motore propulsore è rappresentato oggi da esponenti della seconda generazione».

In cosa differiscono da quelli della prima?

«Dopo l’attacco e contrattacco fra Israele e Iran, la seconda generazione, quella dei pasdaran, ha sdoganato la posizione della prima che ha sempre rifiutato la proliferazione nucleare, anche per una fatwa che la proibisce. Adesso si pensa a una militarizzazione del programma e prevale la visione di un ruolo dell’Iran molto più espansivo, che si discosta dalla linea della “pazienza strategica” e vuole la creazione di una deterrenza nucleare che metta al sicuro l’Iran da future aggressioni. Sta cambiando il paradigma del Paese. Il vertice è Khamenei, ma sotto di lui l’ossatura del potere viene dalle fila dei pasdaran. La componente militare è diventata il fulcro anche del potere economico e amministrativo del Paese».

Il dissenso ha ancora un futuro?

«Il dissenso c’è ma le manifestazioni, che hanno andamento ciclico, non sono mai state accompagnate dalla costituzione di una vera e propria struttura politica. La protesta è acefala. Manca un leader».

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