Criminapoli / 25: le donne del clan Giuliano: Amalia, Celeste e Carmela nella dinastia di Forcella

Criminapoli / 25: le donne del clan Giuliano: Amalia, Celeste e Carmela nella dinastia di Forcella
di Gigi Di Fiore
Venerdì 8 Aprile 2022, 12:30 - Ultimo agg. 22:21
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Sono passati poco più di undici anni da quel 30 marzo del 2011. Fu l'ultimo funerale barocco di una famiglia camorristica. Amalia Stolder “di anni 51, madre esemplare, vedova Giuliano” diceva il manifesto funerario. Sei cavalli neri, una enorme carrozza dello stesso colore in stile del passato, mentre le saracinesche del quartiere di Forcella rimasero abbassate. L'omaggio del Quartiere-Stato a una famiglia che ne aveva segnato i destini criminali sin dal secondo dopoguerra. Una famiglia dove il ruolo delle donne non è mai stato secondario.

La vedova 

Quando i suoi cognati iniziarono a collaborare con la giustizia, sotto la spinta del pm Giuseppe Narducci specializzato nella Dda napoletana nelle inchieste sui Giuliano e sulla realtà camorristica di Forcella, Amalia Stolder fu sempre attenta che il marito non ne seguisse l'esempio. Era troppo segnata da quello che aveva fatto anni prima il fratello Raffaele che, nella famiglia Stolder alleata e imparentata con i Giuliano, era diventato collaboratore di giustizia. Una vergogna per lei, così piena di cultura criminale e di senso del prestigio camorristico. Esasperò la sua intransigenza contro ogni cedimento e, quando il marito Carmine Giuliano, che era stato l'amico di Maradona e lo aveva ospitato in casa dove erano state scattate le famose foto che hanno fatto il giro del mondo, si mostrò disponibile a pentirsi, intervenne la moglie Amalia.

Lo dissuase nel corso di più colloqui in carcere e si preoccupò di far diffondere una serie di comunicati di smentita: a differenza dei fratelli Guglielmo, Raffaele, Salvatore e anche Luigi, Carmine non si pentiva. Era l'unico a non farlo. La moglie aveva vinto e Amalia Stolder venne sempre guardata con rispetto a Forcella, come dimostrò la partecipazione al suo funerale di undici anni fa. Il marito Carmine Giuliano era morto sette anni prima, il due luglio del 2004, per un tumore alla gola.

La sorella 

La sua foto con Maradona, mentre brinda con lui con una coppa di champagne, è rimasta tra le immagini non esaltanti del pibe. Era l'unica donna ritratta, nelle immagini scattate in casa di Carmine Giuliano. Lei era Erminia, detta Celeste, la sorella 34enne dei cinque fratelli Giuliano. Donna bellissima, bionda e dagli occhi azzurri come il cielo. Una Chanel in anticipo rispetto alla protagonista della futura serie televisiva di tanti anni dopo. Dopo il pentimento dei fratelli, Erminia, che aveva intrecciato rapporti anche con i clan Contini-Bosti, aveva cercato di gestire quel che restava degli affari criminali di famiglia a Forcella. Ma non ne aveva le capacità, né la fermezza. E venne subito scalzata, non poteva essere lei l'erede del ramo principale di in clan smantellato dalle indagini della Dda napoletana e dalla collaborazione con la giustizia dei fratelli. Venne arrestata nel 2000 con l'accusa di essere stata promotrice di un'associazione camorristica e, quando venne scarcerata, decise di trasferirsi a Formia, in un grosso condominio alla periferia della cittadina laziale. A giugno del 2021, le arrivò la condanna definitiva di quell'inchiesta con una pena a 14 anni di carcere. Sarebbe dovuta tornare in cella ma, malata di cuore e con una pericolosa miocardite, le venne concesso di scontare la condanna ai domiciliari a Formia. Quando venne arrestata 22 anni fa, chiese agli agenti una cosa sola: «Fatemi prima andare dal parrucchiere per una messa in piega». Vezzi femminili, seppure di chi si era considerata erede del clan camorristico che, negli anni Settanta del secolo scorso, dominava gli equilibri e gli scenari della città di Napoli.

La moglie 

Aveva conosciuto Lovigino quando aveva tredici anni. Gli aveva dedicato tutta la vita, dandogli i figli, non facendo mancare la sua assenza nei periodi di detenzione, da vera consorte del capoclan consolidato della famiglia Giuliano. Di bellezza mediterranea come il marito, Carmela Marzano era stata l'ombra del capo, che aveva saputo colmarne i vuoti nel quartiere quando lui era in carcere. Quando venne ucciso l'avvocato del marito, il penalista Anyo Arcella, punito dai fratelli del capoclan che accusavano Arcella di volerlo convincere a pentirsi, fu proprio Carmela Marzano a presentarsi tutti i giorni in tribunale per parlare con altri avvocati e smentire la collaborazione con la giustizia del marito. Non ebbe vita facile con i fratelli Giuliano, ma per anni si è sentita una specie di “regina” del quartiere. E come si usa tra le monarchie, i coniugi Giuliano, Luigi e Carmela Marzano, avevano benedetto il matrimonio della figlia Marianna con Michele Mazzarella figlio di Vincenzo, esponente della famiglia egemone dell'area orientale di Napoli. Un matrimonio che avrebbe avuto ripercussioni nelle alleanze e nella penetrazione dei Mazzarella a Forcella, con sviluppi di guerre negli anni successivi. Le smentite di Carmela Marzano sulle intenzioni del marito ebbero vita breve. Alla fine, anche Luigi scelse di collaborare con la giustizia. Ebbe la meglio il pm Narducci. E nella scelta, come in ogni altra decisione, Carmela Marzano seguì il marito, diventando anche lei collaboratrice di giustizia. Insieme, vennero trasferiti in una località sicura del centro Italia dove vivono ancora.

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