CrimiNapoli / 41: la rapina alla Banca della provincia di Napoli e il Pallone d'oro di Maradona

CrimiNapoli / 41: la rapina alla Banca della provincia di Napoli e il Pallone d'oro di Maradona
di Gigi Di Fiore
Venerdì 5 Agosto 2022, 12:00 - Ultimo agg. 1 Settembre, 17:52
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Era giovedì 26 ottobre 1989. Qualche giorno dopo, Maradona si sarebbe sposato con Claudia Villafane con una fastosa cerimonia in Argentina. Il Napoli aveva vinto il primo scudetto e anche la coppa Uefa. Quella notte, il clan di Giuseppe Misso, egemone nella Sanità e specializzato in rapine miliardarie, mise a segno un colpo clamoroso. In otto entrarono nel caveau dell’agenzia B della Banca della Provincia di Napoli che era in via Manna, traversa di via Duomo a Napoli. Penetrarono da un foro su una parete alle 14,20. Indossavano maschere di Carnevale per non farsi riconoscere e erano armati. Arrivarono parte dalla parete bucata, altri dalle fogne. Presero 420 milioni dalle casse, che erano spiccioli rispetto a quello che volevano portare via della cassette di sicurezza nei sotterranei della banca, dove si accedeva da una scala a chiocciola per cinque metri.

Le cassette

Prendendo in ostaggio 14 dipendenti della banca, i rapinatori si fecero accompagnare nei locali delle cassette. Erano in tutto 400, ma per fare presto ne aprirono solo una sessantina prendendo tutto quello che c’era dentro. Dopo un’ora, mentre qualcuno chiamava la polizia, il gruppo fuggì con il suo prezioso bottino. Della rapina si occuperà il capo della Squadra mobile, Francesco Cirillo, oggi in pensione, che ha finito la carriera come vice capo della polizia. Il colpo fu miliardario. Tra le 400 cassette, ce ne erano anche 4 intestate a Claudia allora prossima moglie di Maradona. I rapinatori ne aprirono due, che facevano parte delle 60 trafugate. Claudia Villafane, accompagnata dall’avvocato Marinella De Nigris, presentò in Questura la sua denuncia come tutte le vittime della rapina, lasciando un inventario di quello che non c’era più. Dichiarò a Enzo Perez, il cronista del “Mattino” che seguì la vicenda: «Sono addolorata soprattutto per i gioielli di famiglia, delle mie due bambine, ma anche per il trofeo che era stato regalato a Diego. È rimasto molto colpito e contrariato, spero che la polizia riesca a recuperarlo».

Il Pallone d'Oro

Le cassette numero 71 e 404 trafugate a Claudia Villafane contenevano il trofeo che la rivista “France football” aveva regalato a Maradona nel 1986 come miglior giocatore dei Mondiali di quell’anno. Un trofeo consegnato a Diego durante una cerimonia al famoso locale “Lido” negli Champs Elisèe di Parigi. Fu allora che Maradona conobbe per la prima volta Careca, anche lui premiato in quell’occasione. Nelle cassette del campione e della futura moglie, poi, molti gioielli della figlie Dalma e Giannina, tra cui una parure di collana, orecchini, bracciali con turchesi, una parure di brillanti, un orologio d’oro Rolex con brillanti, sette orologi fra cui un costoso Cartier, un diadema di brillanti regalo del manager di Diego per il compleanno della prima figlia del campione argentino con la scritta Dalmita, poi tante catenine e gioielli diversi.

Il danno venne stimato in circa un miliardo. Ma per Diego l’oggetto prezioso era quel Pallone d’oro, anche se forse era il meno costoso tra tutti i gioielli rubati.

I tentativi di recupero

Il 25 maggio scorso, il giornalista Nello Trocchia del “Domani quotidiano” intervistò Michelangelo Mazza, che era uno degli otto rapinatori, nipote di Misso. Che dichiarò: «Non sapevamo cosa avremmo trovato, scoprimmo che c’era anche quel famoso Pallone che era fatto di due pezzi con un piedistallo e era ricoperto d’oro. Ci rendemmo conto che sarebbe stato un oggetto scomodo e lo squagliammo subito, consigliati dall’addetto alla fusione».

Si scatenò subito la corsa al recupero. Molti clan della camorra cittadina, con in testa i Licciardi, i Contini, i Lo Russo cercarono contatti con il clan Misso per recuperare oggetti di Maradona. Mi raccontò Pietro Pugliese, nell’intervista-scoop che gli feci nella sede del “Mattino” in via Chiatamone nel 1992: «C’ero anche io ad accompagnare Diego dai Lo Russo per chiedere di recuperare il Pallone d’oro cui teneva molto». Fu Pugliese a presentare il capoclan Salvatore Lo Russo, poi diventato collaboratore di giustizia, a Maradona per il recupero del Pallone d’oro. Ai pm Sergio Amato ed Enrica Parascandolo della Dda di Napoli, rivelò proprio Lo Russo: «Diventai molto amico di Diego Maradona. Frequentava spesso casa mia perché diceva di trovarsi bene in mia compagnia e solo in un paio di occasioni mi ha chiesto se potevo procurargli della cocaina per uso personale. Anche negli anni successivi ho conosciuto molti calciatori ma non li ho mai coinvolti in nulla». E sul Pallone d’oro aggiunse, confermando la versione di Michelangelo Mazza: «La camorra ne fece lingotti. Provai persino a pagare pur di riavere il trofeo da restituire a Maradona. Non fu possibile recuperarlo perché lo avevano già fuso. Mandai anche ai Quartieri Spagnoli una somma di 15 milioni di lire che però mi venne restituita perché il trofeo non c’era più. Mi diedero degli orologi, ce n’era uno che non apparteneva a Maradona e lui non volle tenerlo e lo regalai a un affiliato». E ha spiegato ancora Michelangelo Mazza a Nello Trocchia: «Tutti quei clan volevano il Pallone per restituirlo a Maradona. Ma noi non lo avevamo più e non restituimmo nulla, se non due orologi che poi mi sembra non appartenessero neanche alle cassette della moglie di Diego». 

Video

La città che lo osannò a cui diede tante gioie privò Maradona del suo prezioso Pallone d’oro. Fu quella una delle circa 200 rapine che mise a segno il clan Misso, specializzato in questo tipo di reati. Mi disse Giuseppe Misso, nell’intervista che raccolsi il 28 novembre del 2003 nella sua casa, poi confiscata, a largo Donnaregina, due settimane prima che venisse di nuovo arrestato: «Non sono un camorrista, il mio gruppo faceva solo rapine su cui ho scontato la pena». E fu quel gruppo a mettere le mani, fondendolo, sul famoso Pallone d’oro di Maradona.

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