“Massoneria del crimine” la definirono i magistrati nel 1983. Era la Nco, la Nuova camorra organizzata, fondata in carcere da Raffaele Cutolo su richiesta di alcune famiglie della ‘ndrangheta calabrese che volevano frenare l’espansione in Campania delle cosche siciliane. In ballo, c’erano gli ancora redditizi guadagni del contrabbando di sigarette, ma anche il nuovo fiorente business della droga. E avere un solo riferimento, un’organizzazione camorristica con un capo unico dalla gerarchia piramidale avrebbe potuto superare la frammentazione delle famiglie storiche dei clan della camorra nati nel secondo dopoguerra.
I rituali
Un’organizzazione camorristica, che reclutava disperati delle periferie, detenuti, piccoli condannati per reati diversi, aveva bisogna di regole certe. E Cutolo, che conosceva bene i rituali della camorra storica ottocentesca codificati nel cosiddetto “frieno”, volle far adottare alla sua Nco una specie di statuto d’affiliazione. Naturalmente, omertà, coraggio, violenza ne erano le caratteristiche di base. Come nell’800, la Nco instaurò rituali con giuramenti, formule di affiliazione, cerimonie per battezzare lo status di “camorrista” che sarebbe diventato un potere, un’identità sociale per centinaia e centinaia di piccoli criminali campani. Se nell’800 c’era il “frieno”, con la Nco i rituali vennero codificati nel “giuramento di Palillo”. Era un insieme di formule recitate, scoperte dagli inquirenti in una cassetta registrata sequestrata al camorrista Giuseppe Palillo, figlioccio di Cutolo, all’ingresso del carcere di Novara.
Tra più voci, suoni e canzoni, il nastro cominciava con un lungo monologo, forse recitato dallo stesso Cutolo. Diceva: «Buon Vespro. Buon Vespro. Siete conformi? Su che cosa? Per battezzare il locale». Era il cosiddetto battesimo, la legalizzazione o fidelizzazione, ricostruita dall’ordinanza dei giudici istruttori nel 1983.
Nasceva la cosiddetta camorra nuova, unica, centralizzata, interlocutrice autonoma ai mafiosi di Cosa nostra negli Stati Uniti. Sottoproletari, piccoli delinquenti, giovani senza lavoro e con pochi scrupoli furono attratti da Cutolo che si definiva il Vangelo. Scrivevano i giudici: «Erano le stesse modalità dei rituali sacri di quella loggia massonica denominata P2, consorteria di rispettabili esponenti dello Stato, della finanza e della cultura riunitisi, a quanto pare, per costituire uno Stato nello Stato». La nascita della Nco venne datata 24 ottobre, giorno di san Raffaele che era il nome di battesimo di Cutolo.
La risposta della Nf
La Nco ruppe equilibri e scompaginò l’alleanza delle famiglie storiche camorristiche con i siciliani per gestire il contrabbando di sigarette. Nelle estorsioni a tappeto, venne chiesta anche una tangente ai clan storici per scaricare le casse di sigarette sulle coste campane. Le vecchie famiglie, con i Giuliano, Ammaturo, Maresca, Zaza, si riunirono in una federazione di clan autonomi per contrastare la Nco. Fu la più sanguinosa guerra di camorra del dopoguerra, con centinaia di morti ammazzati all’anno. I gruppi federati si chiamarono la Nf, la Nuova famiglia. E crearono, scendendo sullo stesso piano “ideologico” di Cutolo, un loro rituale di risposta al “giuramento di Palillo”. Era la “copiata”, racchiusa in venti fogli trovati nell’auto di Mario Fabbrocino, affiliato alla Nf, futuro boss dell’area vesuviana. Doveva essere la dimostrazione che anche chi sceglieva la Nf possedeva rituali e organizzazioni rigide, soldati del crimine. Scrisse il pm Arcibaldo Miller che condusse la prima inchiesta sugli anti cutoliani: «Mutando formule, schemi e rituali della vecchia camorra, hanno strutturato associazioni a delinquere con cerimonie sacrali per l’adesione, regole dure da rispettare, punizioni graduate a seconda delle diverse mancanze. La copiata è la cerimonia per l’ingresso nell’organizzazione del nuovo associato».
Il giuramento del camorrista affiliato alla Nf parlava di «patto di sangue e di fratellanza», di divisione «per centesimo, millesimo per millesimo, con questo fratello di sangue nel bene e nel male fino alla tomba». Rituali e macabri giuramenti di morte, nella stagione più drammatica della storia della Campania nel dopoguerra, con organizzazioni e personaggi criminali che segnarono nel sangue la realtà di quegli anni. Uccidendo anche decine di esponenti delle istituzioni e impegnando i magistrati in difficili inchieste. Furono gli anni di Cutolo.
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