Il segreto di Liberato: gli indizi nel film dell’uomo senza volto

Domani alla mezzanotte l’anteprima partenopea del film sul cantante misterioso

Liberato
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di Federico Vacalebre
Martedì 7 Maggio 2024, 07:00 - Ultimo agg. 20:00
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Il segreto di Liberato resta tale, anche alla fine della visione di «Il segreto di Liberato», in uscita naturalmente il 9 maggio, per restare nei cinema una settimana, dopo l’anteprima a Napoli, The Space, a mezzanotte di domani, con il solito interrogativo: il cantante senza volto si manifesterà? Si confonderà con la folla? Non si farà vedere? Nè sentire?

Già, perché per la prima volta, nel film prodotto da Red Carpet e distribuito da Be Water in collaborazione con Medusa, sentiamo Illo parlare. È forse la novità maggiore, il vero segreto svelato. Mr. X si racconta, ripreso sul palco (dal primo concerto partenopeo alla rotonda Diaz sino a quelli in piazza Plebiscito, passando per Procida, il carcere di Poggioreale, Parigi, Londra, Berlino) e nei camerini, il volto perennemente coperto, anche quando si specchia, anche quando entra nei van che lo porteranno a domare le folle, anche quando si accompagna al suo staff fedelissimo. Quello che non dice lui, lo dicono loro: il regista Francesco Lettieri, che firma il film con Giorgio Testi che ha curato le riprese live, e sin dall’inizio ha firmato l’estetica newpolitana dei suoi videoclip, a Brizio e i ragazzi di Bomba Dischi, l’etichetta che ha costruito, passo dopo passo, il mistero del fantasma del palcoscenico. 

Il docufilm parte da Napoli e a Napoli torna per finire, ritrovandola nel bel mezzo di una turistificazione estrema. Su Napoli si concentra l’iconografia del ragazzo nascosto da occhialoni da sci e il cappuccio della felpa, che reclama il merito di essere tra gli artefici del rinascimento mediatico della città, di aver riportato sulla cresta dell’onda il suo dialetto, la sua attitudine canora in un cocktail ad alta gradazione alcolica di neomelodia, elettronica, urban, rap, echi di Pino Daniele, «Cicerenella» reloaded, le strofette finali di «Tammurriata nera», trap, suoni latini...

Film nel film, segreto nel segreto, Liberato e la sua storia diventano un anime, pagando tributo a una passione del protagonista per il manga, il Giappone ed affini, ma forse anche a una storia d’amore finita per colpa del Sol Levante.

Ma nelle animazioni di Lrnz e Giuseppe Squillaci quanto c’è di vero? Dobbiamo prendere come indizi reali quelli disseminati nella trama, che non sono pochi? Un nonno musicista, il liceo al Genovesi, una prima avventura musicale frustrata nonostante l’esperienza londinese, l’amore per una compagna di classe, Lucia, che diventerà disegnatrice di manga, in cartellone al «Comicon» nel 2015 e che però vola via per seguire il suo sogno nel paese del Sol Levante. Nella cameretta del ragazzo Liberato, e poi in altri disegni animati, troviamo un manifesto di Pino Daniele, immagini di Burial e dei Cure, i caschi con cui i Daft Punk mascheravano la propria identità... Vero? Falso? Verosimile? 

«Come anche nel più tradizionale dei documentari, la narrazione si apre a suggestioni di finzione, si contamina», spiega Lettieri: «È vera l’estrazione culturale di Liberato, ha avuto davvero un nonno artista, non ha studiato musica ma l’ha sempre fatta e ci ha messo tempo per essere preso sul serio».

Sì, ma così siamo punto e a capo, tanto che il film si diverte anche a mettere in fila i nomi di quanti sono stati identificati in Liberato: da Emanuele Cerullo a Gennaro Nocerino, passando per Livio Cori. E si diverte anche a maramaldeggiare quando mostra l’operazione «MiAmi». La prima esibizione dell’uomo mascherato nel 2017, al festival milanese, portò sul palco non lui, presumibilmente confuso tra la folla a vedere di nascosto l’effetto che faceva la sua assenza/presenza, ma Calcutta (col suo dialetto improbabile), insieme a Izi, Prestlesse e Dj Shablo. Ha voglia Illo a introdurre il film con il suo mantra verace: «A Napule tutt’ quant' tenimm' 'nu segret’. Ogni vico, ogni palazzo, ogni muro ten' ‘e mister' suoje. Ce sta 'o segret' 'ro munaciell', ‘ a bella ‘mbriana, 'o sang' 'e San Gennaro, 'e pret' 'da pedamentina, 'a sirena Partenope, ll'ov' sott' 'o castiell’, 'o segret' 'e Pulecenell'... E po’ ce sta 'o segret' mie». Ed ha voglia a finirlo così: «Già ‘o ssaccio, tu mo’ me scasse ‘o cazzo perché non ti ho detto il nome mio. Ma, secondo te, doppo tutto stu burdello io t’’o dicevo accussì? E jamme jamme, nu’ poco ‘ fantasia. ‘O segreto mio, a finale, è ‘a storia mia, aggio fatto chesto, chesto e chello e poi è asciuto stu fatto. ‘E canzone, la maschera, l’anonimato, ca po’ nu segreto ‘o tengono tutte quante... Io guardo ‘o mare, faccio ammore, me piace ìo Napule, sto’ ch’e cumpagne mie, faccio ‘a musica. Chesto è ‘o segreto mio. E o tuo?».

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Siamo, di nuovo e più di prima, al punto di partenza mentre sui titoli di coda scorrono le note della nuova «Lucia». Lettieri ci viene in aiuto, o forse no: «È un gioco per i fan, ci sono riferimenti sparsi qui e lì, le sue difficoltà nell’infanzia, il fallimento della sua prima avventura musicale, un incontro che lo ha portato a una svolta».

Già, ma così Liberato potremmo essere tutti (cosa che nel film qualcuno suggerisce), persino io. E invece no: «Il 14 febbraio 2017, quando pubblicò su YouTube “Nove maggio” lui non pensava certo di arrivare fin qui. Ma se c’è arrivato, e noi con lui, vuol dire che il talento qualche volta paga. Quel giorno nessuno avrebbe nemmeno mai potuto immaginare la Napoli al centro dell’attenzione mediatica di oggi, città giovane e per turisti come Barcellona e Berlino. Eppure sono due cose che sono successe, e la seconda, forse è anche un po’ merito di Liberato, nessuno può tenere insieme “Cicerenella” e l’house music, le radici e le ali, la tradizione e l’elettronica, Maradona e la Gaiola come lui», continua il regista, che con la nuova cartolina di Napoli fornita prima con i videoclip e ora col film, si sente co-protagonista e co-imputato: «Abbiamo ridato alla città un’immagine solare, pulita, romantica. Ora rischiamo la banalizzazione e la mercificazione, forse era inevitabile, forse no».

Liberato intanto rimane un segreto, che il film conferma costruito con innegabile maestria: Pulcinella e il manga, «Era de maggio» e il tunz tunz, il documentario e l’animazione. E, poi, lui, Liberato, col suo dialetto che a tratti sembra forzato ma è di sicuro padroneggiato ottimamente. E il suo sguardo: in fondo tutto qui è visto con i suoi occhi, che noi non vediamo. E, per questo, forse, ci liberano la visione, nonostante la curiosità canaglia di sapere chi cazz’è sto mister X. E ci obbligano domani notte, a mezzanotte, a vedere se comparira al The Space. 

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