Marco Zurzolo al Capua il luogo della Lingua festival: «O fischio ca nun fa paura»

Un libro da ascoltare e poi leggere, per entrare nella Napoli della musica dal '43 ad oggi

Marco Zurzolo
Marco Zurzolo
di Mariamichela Formisano
Martedì 19 Marzo 2024, 19:00
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Una serata di parole, musica e passione quella che Marco Zurzolo ha riservato al Circolo dei lettori di Capua e Mater bistrot - Cose d'Interni Libri nell'ambito degli eventi targati Capua il Luogo della Lingua, il festival diretto da Giuseppe Bellone che da oltre vent'anni promuove i linguaggi della letteratura e della cultura nella città del Placito Capuano, primo documento scritto in volgare datato 960 d.C.

Ed è stata la musica ad accompagnare la presentazione del libro del maestro, "O fischio ca nun fa paura" (Colonnese Libri&Altro), condotta da Nicoletta Ferace invitata dallo stesso Zurzolo a cantare sulle note del suo sassofono e dal piano del suo allievo Luis Di Gennaro.  

Poi, dal pubblico, è stato invitato ad esibirsi anche Niccolò Sessa, un altro giovanissimo allievo di Zurzolo al Conservatorio Giuseppe Martucci di Salerno.

Poi, in veste di scrittore, il sassofonista e compositore Marco Zurzolo ha sottolineato: «Il mio libro va prima ascoltato e poi letto. E si può fare, grazie ai QR code che rimandano ai brani che ho scelto per accompagnare una narrazione suggeritami dal mio pubblico di sempre.

Lo stesso che mi spinse a scrivere il mio primo libricino, “I Napoletani non sono romantici“, il cui successo mi ha fatto venire voglia di riprovarci. Così ho scelto di raccontare una storia molto importante della mia vita,  quella del mio incontro e amore per gli Showmen, gruppo fondamentale per la storia della musica italiana».

Una evocazione del mondo musicale in cui Zurzolo è cresciuto, quindi, che parte da una idea: durante l’occupazione tedesca del 1943 alcuni giovani musicisti decidono di dare vita a concerti improvvisati nei rifugi in cui si ritrovavano i napoletani durante i bombardamenti.

Così al fischio degli ordigni sganciati dagli aerei, si contrappone quello che "non fa paura" prodotto dagli strumenti di musicisti dai nomi fantasiosi dietro i quali si riconoscono le figure storiche della musica napoletana degli ultimi decenni. 

Ma la dimensione temporale del racconto di Zurzolo si espande fino all'omicidio di Giovan Battista “Giogiò” Cutolo, il giovane musicista napoletano a cui il libro è dedicato. 

E dal '43 ad oggi quali parole possono ancora servire per colmare l'infinita lacuna umana della violenza, della paura?
«Nessuna - risponde Marco Zurzolo -  Io penso che non ci sarà mai la possibilità di colmare questa lacuna perché la gente non ha voglia, è distratta,  è come se volesse la guerra. Non so perché,  non me lo riesco a spiegare. Bisognerebbe fare  concerti contro tutte le guerre, non solo contro alcune, e  vivere in pace col mondo intero. Siamo tutti uguali, dobbiamo amare, e pensare a costruire non a distruggere».

E a Capua, città culla della lingua italiana, quale linguaggio ha scelto Zurzolo per raccontarsi?
«Io penso che ci sia una sola lingua che bisogna parlare: quella dei suoni che, prima e meglio delle parole, identifica e accomuna tutti i popoli del mondo. Quella riconoscibilità che per me è la musica napoletana, sinonimo di italianità nel mondo».

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Dalle prossime date in giro per l'Italia agli appuntamenti nel suo Spazio ZTL (Zurzolo Teatro Live) di Napoli, fino alla partecipazione al programma di Rai 3 “In Barba a Tutto” per scandire con la musica i temi, gli ospiti, e i monologhi di Luca Barbareschi, per Marco Zurzolo resta valido un solo invito:  rimanere in contatto.

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