La Niña di Napoli dalle radici alle ali: «Piego i versi napoletani al mio volere»

«Ho ripreso il brano di Mazzocchi e Martucci al contrario, con la sfacciataggine di una donna che, oltre al cuore, ha un corpo e che a volte conta solo la carne»

Carola Moccia, la Niña di Napoli
Carola Moccia, la Niña di Napoli
di Federico Vacalebre
Giovedì 23 Marzo 2023, 11:00
4 Minuti di Lettura

Non basta nemmeno più il paragone con Rosalia per descrivere le mirabolanti avventure soniche di Carola Moccia, la Niña di Napoli. Non basta nemmeno pensarla come erede di Fausta Vetere, Teresa De Sio, Jenny Sorrenti: «Vanitas», il suo secondo album, in uscita domani («Eden» è del 2021), guarda ai modelli accennati, ma va oltre, in una cosmogonia di ispirazioni veraci e multikulti. Nelle sue radici napoletane la trentaduenne bellezza napoletana trova le ali per un canto-incanto, che non si fa remora di guardare alla scabrosa nudità acustica di Roberto Murolo (o di Joan Baez), ma nemmeno di sfidare le regole della trap, usare un campionamento della «Indifferentemente» di Mario Abate rovesciando il senso della canzone, tenere insieme tammorre e suoni giapponesi, passionalità carnale ed esperienze mistico-meditative, Mozart e Salvator Rosa...

Di tutto, di più, Carola?
«Sì.

Volevo mettere nelle otto canzoni tutte le mie possibili facce, inversioni di rotta e contraddizioni comprese. Il napoletano, l'italiano, l'inglese. La tradizione, che amo e studio. La sperimentazione, che amo e pratico. Vorrei che chi mi ascolta mi dicesse quali dei miei volti, delle mie direzioni, delle mie sonorità gli piace/interessa/emoziona di più. Non per ubbidire al mercato, per attaccare il ciuccio dove vuole il padrone, ma per comprendere meglio se e come sono compresa».

Un disco post-femminista, che parte con «Selenè», invito alla luna: «jesce forte, mangiate o sole».
«Si può fare? Si può pregare la luna, eterno simbolo di femminilità, invece di invocare Jesce sole?».

Si può, azzardo. Anche perché è solo l'inizio: «Fccv» passa dal sadomasochismo sentimentale a quello sessuale.
«Ho ripreso il brano di Mazzocchi e Martucci al contrario, con la sfacciataggine di una donna che, oltre al cuore, ha un corpo, che sa che l'amore non è tutto, che a volte conta solo la carne: e basta e avanza. Così “famme quello che vuo'” e “dammillo stu' veleno” hanno ben altro senso».

Politicamente scorretto in tempi di MeToo.
«Non è un mio problema essere politicamente corretta, essere purista in musica o pura nella vita. La musica e la vita vanno vissute, mangiate, bevute, suonate, non depurate dalle emozioni. In “Vipera” esorcizzo le malelingue, in “Harakiri”c ombino - grazie alla produzione di Kwsk Ninja come sempre al mio fianco - tammorre distorte con i suoni dello shamisen, un liuto a tre corde nipponico. In “Blu” mi regalo una collaborazione con Mysie, “Notte” è nata da un sogno che mi ha tenuta sveglia, rimettendomi in contatto con un amico che non c'è più, permettendomi di dirgli addio».

La tua voce è cristallo che non ha paura di sporcarsi nel fango, ricorda il canto sciamano di Saynko Namchylak, ma poi cerca il minimo comun denominatore tra Giulietta Sacco e una star trip hop. Ma, sopratutto, è originale il procedimento testuale con cui manipoli lacerti di tradizione canora, quasi fossero «sample» da piegare ai tuoi fini.
«Più o meno è così. Prendi “Nun o voglio sape'”, o “Novs”, se preferisci, dove uso impropriamente i versi di “'O surdato nnammurato”: spero mi venga concessa l'attenuante della licenza poetica, della trasformazione in imperativo categorico, o quantomeno esortativo».

E non è finita: «Notte», di cui parlavi prima, si muove dall'arpeggio mozartiano di «Lacrimosa».
«Ancora grazie a Kwsk Ninja per l'azzardo».

Un rap verace sulle note di Wolfang Amadeus?
«Lui venne a cercare la sua musica a Napoli, io posso cercare, e trovare, la mia nella sua».

A proposito di crisi di panico, «Vanitas» si chiude con «Respira».
«I corsi di respirazione mi hanno insegnato a non fuggire da me, tanto è impossibile, ma a trovare me stessa nelle pause del respiro, nel mettere in stand by l'eccesso di traffico di informazioni che intasa la mia testa».

Un disco così bello, profondo, nuovo, merita un tour.
«Lo farò: la pandemia finora mi ha bloccata, scalpito».

In attesa di vederti su Canale 5 al fianco di Massimo Ranieri nella fiction «La voce che hai dentro», che altro progetti?
«Scrivo canzoni e studio da attrice: mi sono arrivate altre proposte, di film e di serie, ma vorrei essere più preparata, lo confesso».

Altro che «Vanitas», Niña mia. 

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