Non ci siamo. Ma letteralmente: non ci siamo. L’Italietta piccina picciò è uscita dalla Champions League al bivio degli ottavi di finale per la seconda stagione in sequenza e, adesso, soltanto la Roma e l’Atalanta ci rappresenteranno lungo i sentieri della Conference e dell’Europa League. Per cui, di nuovo, non ci siamo proprio sia in senso stretto – assenti, eliminati, speronati fuori strada, talora umiliati – che in senso lato, dal momento che dall’Italia del calcio ci si sarebbero aspettati uno spessore e un cammino differenti, figure meno melmose, autorevolezza tattica se non spettacolo di gol e di manovre.
Invece, giusto ieri sera, la Juventus in casa ha chinato il capo al passaggio del Villarreal, settimo (settimooo? Settimo, sissì) nel campionato spagnolo; l’Inter campione d’Italia si è smarrita lungo viottoli inspiegabili (e ancora la devono ritrovare), cedendo tragicamente contro il Liverpool; e il Milan, vabbè, il Milan aveva salutato la compagnia già nella notte di Sant’Ambroeus, il 7 dicembre – e sempre contro ‘sto maledetto Liverpool. Insomma, a voler guardare il panorama dall’alto, è un nulla ammirare serenamente il delinearsi di due paroline facili facili: ecatombe totale.
Incapaci cronicamente di proiettarsi verso il futuro, ovviamente recuperiamo il passato. E quindi vale la pena di rammentare che è esistito un tempo, neppure troppo lontano, in cui se non vincevamo la Champions (con il Milan o l’Inter), almeno raggiungevamo le finali (toh, la Juve); e se non arrivavamo in finale, quanto meno atterravamo in semifinale; e se non altro i quarti erano l’obiettivo minimo garantito. Invece, ora. Invece, ora: niente. Umiliati, qua e là.
Juventus crolla in borsa dopo eliminazione Champions League
Quali siano le ragioni più profonde del fallimento si domandano, sgomenti, dirigenti strapagati epperò sovente digiuni di esperienze nel ramo.
E poi – va detto – le squadre italiane giocano male. Ma davvero male. Forse, ecco, giusto il Napoli di Luciano Spalletti spicca per fluidità di trame. Ma il resto... Il nostro è un calcio grigio, insignificante, inespressivo. Sepolcrale. Di una noia monumentale. E dal grande vuoto i campioni, i pochi rimasti a bordo, sembrano del tutto fagocitati.
Tra una settimana la Nazionale del ct Mancini tenterà di meritare la qualificazione al Mondiale del Qatar contro la Macedonia del Nord e poi, chissà, speriamo, contro il Portogallo. Eppure, anche qui, si tratta di una squadra che corteggia il disastro da mesi: svuotata di fantasie, carente di stelle, maledettamente stanca nella mente e nelle gambe. Basta pensare all’attacco, iperdipendente da Immobile. Scriverebbe Eugenio Montale: «Un imprevisto è la sola speranza. Ma mi dicono che è una stoltezza dirselo».