Ascoltare gli interventi di Luciano Spalletti al Gran Galà dell'Assocalciatori di lunedì scorso e leggerne l'intervista a Veltroni sul Corriere della Sera conferma che l'uomo nato a Certaldo, il paese di Boccaccio, ha avviato una rivoluzione culturale. Il calcio non è più soltanto la tattica, lo scudetto, l'Europeo: è altro. Nelle parole di Spalletti c'è la passione che lui ha visto nei giocatori del Napoli guidati allo scudetto e che vuole in quelli della Nazionale che affronteranno da campioni in carica la sfida di Euro 2024. Il suo calcio è una fiamma sempre accesa. È una questione, anzitutto, di cuore. Quello di Spalletti è stato conquistato da Napoli e dai napoletani. Nelle sue parole vi è sempre un'emozione fortissima pensando ai colori della città «che ti abbagliano gli occhi», come disse il 24 marzo nella Sala dei Baroni del Maschio Angioino dove gli consegnarono il premio dedicato a Bearzot e dove domani il sindaco di Napoli Manfredi gli conferirà la cittadinanza onoraria, un riconoscimento meritato e condiviso con quel gruppo che ha lottato per lo scudetto.
Spalletti è partito, a Napoli come in Nazionale, da una situazione depressa.
Spalletti cerca di studiare cosa c'è oltre il gruppo che sta allenando da inizio settembre. Non perde un attimo, anche l'altra sera a Milano si è confrontato sui giovani con il tecnico dell'Under 21 Carmine Nunziata. Le società di serie A fanno uso ridottissimo dei calciatori del vivaio in prima squadra? Il suggerimento di Spalletti per i ragazzi arrivati al termine del percorso in Primavera è chiaro: «Non pensino agli aperitivi e i procuratori non li tengano qui, si spostino in Paesi stranieri dove possono giocare e maturare, tra il campo e la loro stanzina, come fanno ragazzi che vengono da noi». Il sacrificio prima di tutto per arrivare là dove sognano di arrivare tutti. «L'esempio è Maradona che si allenava nel fango», ha detto il ct a Veltroni. Maradona, l'eterno Capitano che faceva compagnia a Luciano nelle notti spesso insonni nella stanza di Castel Volturno. Aveva affisso sui muri decine di maglie con il numero 10 chiedendo la benedizione di Diego per il Napoli, come adesso fa con Vialli per l'Italia. La luce dei Grandi.