Salernitana e Cavese: l'amarcord degli ex fanno una visita a sorpresa all' Arechi

Allo stadio De Biase, Nodale e Urban protagonisti della rivalità anni Ottanta

Allo stadio
Allo stadio
di Pasquale Tallarino
Sabato 23 Marzo 2024, 11:09
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«Lo sai che i papaveri sono alti, alti, alti... e Urban è piccolino». Sono cori del Vestuti, eco lontana, ricordi custoditi di padre in figlio e che fanno parte delle storie dei derby con la Cavese. Era una rivalità che, vista con gli occhi dei bambini dell'epoca, doveva essere solo sfottò. Cosa resterà di quegli anni Ottanta? Una visita improvvisa allo stadio Arechi. «Buongiorno, possiamo entrare?».

Ieri mattina all'uscio di via Allende hanno bussato due giocatori della Salernitana stagione 1979-80 e un attaccante della Cavese, che invece ha giocato con i metelliani dal 1983 al 1986. Rivalità sì, ma fino ad un certo punto: oggi sorridono, sono amici, il Vestuti lo hanno vissuto in stagioni diverse, da difensori o da avversari fieri e temuti.

De Biase, 30 presenze, e Nodale, 25 gare, ai lati, Urban in mezzo a loro. Gli ex della Salernitana lo hanno mandato in attacco. D'altra parte Urban, dopo la retrocessione blufoncé nell'inferno della C, i derby li ha persi (25 novembre '84, Biagio Lombardi) e li ha vinti (14 aprile 1985, prima Belluzzi, poi doppio Urban, intervallato da Mandressi).

«È possibile scendere in campo, fare un giro?». Ovviamente no. È la prassi, è il regolamento, inoltre in questi giorni il manto erboso dello stadio Arechi è anche sottoposto a trattamento. Però l'eco degli anni Ottanta non è rimasto inascoltato, soprattutto quando con i lucciconi alcuni di loro hanno cominciato a parlare di Miguel, il grande Vitulano, ma anche del portiere Favaro, del difensore Valeri, dei centrocampisti Botteghi e Cariati e del bomber Gabriele Messina. «Vai, Lele, vai», gli diceva l'indimenticato Bruno Carmando. Il racconto ha risvegliato un antico sentimento, è stato passepartout: via libera ad una passeggiata, ma solo nei meandri dello stadio Arechi, accolti dal responsabile comunale, Luca Nazzaro, e dal custode Antonio Papa. «Che ne sai come mi sento?».

Nei corridoi si sono fermati in terzetto davanti alle fotografie di piazza Casalbore, cioè davanti alla galleria di immagini epiche con le quali la Salernitana ha adornato l'area spogliatoio dove ha scritto Macte Animo e che poi portano al tunnel che conduce al terreno di gioco. In quelle fotografie c'è il richiamo alla Bersagliera, lo storico striscione, quello che la Salernitana non riesce ad essere in questo campionato. «Non mi ricordo una stagione peggiore di questa», è il refrain dei tifosi del cavalluccio marino quando lasciano lo stadio, quando scrivono sui social. Ditelo ai nati al Vestuti. Stagione 1979-1980, quella di De Biase e Nodale, appunto: in panchina cominciò Viviani (esonerato proprio dopo il ko contro la Cavese), poi arrivò Giammarinaro che perse a Chieti e non tornò a Salerno, fu sostituito da Gigi Gigante, ritornò, fu esonerato e Gigante concluse il campionato.

Saltò il direttore sportivo: prima Recchia, poi Quaglia. Soprattutto saltavano i presidenti: dopo il derby con la Turris, nessuno riusciva più a rintracciare Ventura, le mani sul timone le mise De Piano e prima di Natale riuscì a pagare gli stipendi ma a febbraio lasciò e ritornò Grieco. Gli incassi erano pignorati, i calciatori misero in mora il club, disputarono per la prima volta la finale di coppa Italia di C e la persero contro il Padova. Oggi Iervolino si sofferma sugli errori arbitrali. 44 anni fa, a Teramo, ci fu invasione di campo: l'arbitro sospese la gara, la riprese e ritenne di averla portata avanti senza condizionamenti.

Il campo del Teramo fu squalificato per tre turni ma la Salernitana, sconfitta sul terreno di gioco, non vinse a tavolino. Eppure era Bersagliera, in crisi economica ma Bersagliera. De Biase e Nodale ieri hanno ricordato le 7 vittorie di fila in casa, da novembre 1979 (Rende) a febbraio 1980 (Empoli), un filotto ben diverso dai 6 ko interni di fila dei granata di oggi, allo stadio Arechi. Urban, invece, rivale storico dei granata a metà anni Ottanta, non ha potuto esimersi dal ricordare le «attenzioni» che gli riservò Conforto sulla coscia. Sfida accesa, tacchettata, ferita profonda, punti di sutura, cicatrice ancora evidente. Altri tempi, altri modi di intendere e vivere il calcio.

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«Ricordare per sorridere e stemperare, ma la rivalità tra tifoserie conterranee o di regioni diverse resti confinata allo sfottò - ha detto Urban Oggi assistiamo ancora a divieti di trasferte, come per Nocerina-Cavese, oppure a stadi chiusi per punizione, dopo i fatti di Padova-Catania».

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