Nel 2020 solo il 24% delle piccole e medie imprese italiane ha dichiarato di aver registrato una crescita del proprio business, tuttavia, quello della pandemia è stato anche un anno di grande rinnovamento ed evoluzione tecnologica. La diffusione della pandemia e le conseguenti restrizioni dell'ultimo periodo hanno obbligato le pmi a modificare alcuni processi e modalità di lavoro, incentivando la flessibilità e premiando i datori di lavoro in grado di rispondere tempestivamente alle nuove esigenze.
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Questo è quanto evidenziato dalla ricerca commissionata da Asus all'istituto Eumetra, che ha intervistato un campione di 400 piccole e medie imprese italiane nel periodo di ripresa post Covid, per capirne le nuove strategie e i processi di adattamento effettuati.
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La ricerca ha infatti sottolineato come queste conseguenze non riguardino principalmente la questione «ufficio o smart working», ma ne emerge una forte componente psicologica, che vede l'intero approccio al lavoro e ai team da parte dei dipendenti modificarsi ed evolversi, richiedendo un forte investimento da parte delle aziende sull'elemento del capitale umano. Le conseguenze del Covid hanno fatto sì che molte imprese italiane, pmi incluse, cambiassero approccio e reinvestissero le proprie risorse non solo nell'attrezzatura necessaria ad affrontare i cambiamenti che tutti abbiamo vissuto, ma anche e soprattutto nel capitale umano, le sue competenze, il ruolo e il morale di ogni singolo dipendente.