Eurovision 2024, la notte di Angelina Mango a 60 anni dalla vittoria della Cinquetti

A sessant’anni dalla vittoria della Cinquetti. Ma la gaffe della Rai la penalizzerà?

Angelina Mango
Angelina Mango
di Andrea Spinelli
Sabato 11 Maggio 2024, 08:00 - Ultimo agg. 20:35
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Sessant’anni dopo il trionfo di «Non ho l’età», il nostro paese cerca stasera con Angelina Mango un’eco di quell’avventura all’«Eurovision song contest». Lo fa a Malmö in diretta su Raiuno, Radio2 e RaiPlay, tra le gradinate dello stadio di hockey dove nel 2013 Mengoni arrivò settimo posto con «L’essenziale». E fra le tensioni alimentate per tutta la settimana dalla presenza di Israele con la ventenne Eden Golan e della sua «Hurricane». 

Imbarazzo Rai per le percentuali del suo strabiliante televoto italiano (39,31% delle preferenze, segno di una comunità ebraica mobilitata) diffuse per sbaglio l’altra sera al termine della seconda semifinale, anche se poi l’European Broadcastin Union, organizzatrice del kolossal (l’evento televisivo non sportivo più visto al mondo), ha convalidato il risultato chiedendo però alla Rai «di rivedere le proprie procedure per garantire che tutte le regole e i protocolli siano seguiti al fine di proteggere l'integrità del voto».

Nonostante il rischio che questa gaffe di Viale Mazzini la penalizzi, Angelina ha tutto per affrontare la finalissima da protagonista, vale a dire un set possente, impreziosito da cinque ballerine e dalle coreografie di Mecnun Giasar, al lavoro pure con Madonna, Billie Eilish e Rosalia, la sprofonda in un contesto favolistico su una scena caratterizzata da un grosso trono di rami intrecciati formato «Signore degli Anelli» con una pioggia di fiori rossi e il rovente finale di una cascata di fuoco. Ma la contestatissima Golan è ora la rivale più seria del croato Baby Lasagna con «Rim tim tagi dim» (Snai e Sisal quotano la sua vittoria 1,85).

Per l’italiana le cose si sono complicate, ora è data a 18 da Snai e 16. 

Video

A questo punto, il gioco si complica, Angelina, riuscirà lo stesso la sua cumbia de «La noia» a convincere pubblico e giurie? 
«Vedremo. Per chi ama stare in scena e fare musica il regalo più grosso è l’energia di quel palco ipertecnologico. Puoi avere avuto anche una giornata storta, ma quando entri in quella cattedrale di luce ti passa tutto e pensi solo a vivere la gioia del momento. E poi, nei set degli altri, la riconversione al pop di tanti strumenti folk delle diverse tradizioni regionali. Quando torno, mi piacerebbe scriverci sopra una canzone».

Intanto, come si trova qui? 
«Dalle voci sapevo di venire in un mondo matto, ma organizzatissimo. E siccome io sono una precisa, me lo sto godendo appieno».

Ha girato a Maratea la video-cartolina che apre il suo set. 
«Sì, sotto al Cristo di San Biagio. Un modo per rendere omaggio alla mia terra e alla città in cui sono nata. Ancora oggi l’estate per me è Maratea e sono fiera di farla scoprire al pubblico europeo».

Più faticoso Sanremo o l’«Eurovision»? Più sorprendente il primo o il secondo? 
«Più faticoso Sanremo e più sorprendente l’”Eurovision”. Mentre il Festival fa parte del nostro dna di italiani e quindi lo conoscevo, questa kermesse no. Questi giorni a Malmö sono stati tutta una scoperta ritrovandomi catapultata in un’esperienza lontana dalla vita vissuta finora».

Tosto mettere in fila i due festival in pochi mesi. 
«No. L’Eurovision è un’esperienza bellissima che ringrazio il pubblico italiano di avermi regalato l’onore di vivere. Per non farmi mancare proprio nulla, la faccio seguire dal lancio del disco, “Poké melodrama”, in uscita il 31 maggio, e da un tour nei festival europei con coda autunnale nei club, sia italiani che stranieri».

Che cosa le chiedono i giornalisti stranieri che la intervistano? 
«Innanzitutto, i contenuti di ‘La noia’. Ma anche alla mia storia, che ovviamente conoscono poco. Raccontarmi da capo ogni volta mi piace, perché mi fa rivivere momenti e dettagli della mia carriera finiti ormai nel parcheggio dei ricordi».

Ha imparato qualcosa finora da questa kermesse?
«Quella di non aver mai preso la decisione di fare questo mestiere, ma in realtà di averlo sempre fatto». 

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