Campania, trasporti addio. Autobus e treni da Far West: corse tagliate del 20%

Campania, trasporti addio. Autobus e treni da Far West: corse tagliate del 20%
di Gerardo Ausiello
Giovedì 27 Agosto 2015, 11:16 - Ultimo agg. 11:49
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Il trasporto pubblico? No, meglio l’auto privata. È l’amara conclusione a cui sono arrivati, negli ultimi tre anni, quasi 200mila cittadini campani. Ognuno di loro, fino al 2012, saliva regolarmente a bordo di treni e bus, a Napoli o nelle altre province. Poi, gradualmente e inesorabilmente, uno dopo l’altro hanno gettato la spugna. Colpa di disagi, ritardi, pericoli. Una miscela esplosiva che ha messo in ginocchio un comparto strategico, essenziale per una regione che aspira a fare sviluppo con il turismo. Sono i numeri a dirlo e su quelli, si sa, è difficile bluffare.

Mezzi da rottamare

Come si fa a parlare di trasporti se i mezzi mancano o non funzionano? È, questo, il primo e più grave problema del servizio pubblico campano. Stando a un dossier di Legambiente, sono complessivamente 431 i treni in servizio sulla rete regionale, di cui 396 di alta frequenza e 35 di media percorrenza con una tipologia di 331 elettrici e 100 diesel. Ebbene l’età media dei convogli in circolazione è di 17,3 anni ma il 78,3 per cento hanno più di 20 anni di età e una parte di questi arriva a sfiorare addirittura i 30 anni. Su questo versante si registrano distanze siderali con regioni come il Veneto (solo il 32,7 per cento dei convogli ha più di 20 anni), l’Emilia Romagna (38,2 per cento) o la Toscana (18,5 per cento). La musica non cambia se si considerano, ad esempio, i tram: a Napoli sono 52, la metà dei quali hanno già spento da un pezzo le venti candeline. E i treni metropolitani? All’ombra del Vesuvio sono 81 e solo il 56,8 per cento hanno meno di 20 anni. A conti fatti, per migliorare sensibilmente i servizi in Campania servirebbero subito 167 nuovi mezzi: per la precisione 117 treni per il trasporto regionale, 40 per rafforzare le linee metropolitane, 10 tram per il servizio urbano. In questo quadro a farne le spese sono soprattutto i 270mila pendolari. «Questa - tuona il presidente regionale di Legambiente, Michele Buonomo - è diventata un’emergenza nazionale. Qui sono in gioco la dignità e il diritto alla mobilità delle persone».

Scure su linee e corse

Da una parte i drastici tagli ai trasferimenti da Roma, dall’altra il pesante indebitamento delle società di trasporto. Il conto, salatissimo, lo hanno pagato ancora una volta i cittadini con la soppressione di linee e corse: dal 2010 ne sono state cancellate due su dieci (il 19 per cento), con picchi del 50 per cento sulle linee meno frequentate, considerate dagli amministratori locali meno produttive. Ma tale politica ha di fatto aumentato le distanze tra Napoli e il resto della regione nonché tra le città principali e i piccoli centri costringendo, appunto, chi doveva spostarsi ad arrangiarsi, a riorganizzare la propria vita o a ricorrere, ancora una volta, all’auto privata. Emblematico l’esempio dell’Eav, la Holding che gestisce Sepsa, Circumvesuviana e MetroCampania Nord-Est, e dunque i treni che collegano Napoli con l’area flegrea, il Vesuviano e l’area nord.

Sulle sei linee della Circum vengono effettuate in media circa 270 corse mentre, stando al contratto di servizio, dovrebbero essere 316. Nei tempi d’oro se ne garantivano addirittura 400. Ultimamente qualcosa sta cambiando (per la Napoli-Sorrento, ad esempio, si è passati da quasi 6 minuti di ritardo a poco più di 3) ma la strada resta in salita. Un discorso simile vale per Cumana e Circumflegrea: un anno fa la Cumana accumulava in media quasi 8 minuti di ritardo mentre ora è scesa a 7. Gli orari delle corse, tuttavia, restano un optional e in molte stazioni non ci sono neppure le segnalazioni relative ai tempi di attesa. Il paradosso è che, mentre si intensificavano tagli e soppressioni, il costo dei biglietti saliva (l’incremento totale è stato del 23 per cento), di pari passo con la riorganizzazione delle tariffe voluta dall’ex assessore Sergio Vetrella: accanto al biglietto Unico sono stati introdotti anche i tagliandi aziendali ma ciò non ha prodotto i risparmi auspicati e promessi. Il nodo delle corse insufficienti riguarda in parte pure la linea 1 della metropolitana di Napoli, il cosiddetto metrò dell’arte. Il limite resta sempre quello della carenza di mezzi, che non consente di potenziare l’offerta attuale. C’è poi un altro problema, di tipo strutturale: finché non verrà chiuso l’anello, con la realizzazione della tratta tra Secondigliano e Capodichino (e l’apertura di una stazione all’interno dell’aeroporto), sarà difficile intensificare le corse.

«Portoghesi» e vandali

Contro la piaga dell’evasione selvaggia la Regione ha messo in campo nei mesi scorsi circa 200 ispettori. Con un compito preciso: elevare contravvenzioni a raffica all’esercito dei «portoghesi». Così, tra gennaio e febbraio, si è passati da oltre mille a 2171 verbali, mentre a marzo le multe sono state 1699. Rafforzata la presenza di controllori anche davanti ai tornelli, per tentare di innescare un effetto deterrente. E qualche risultato s’inizia a vedere: nelle ultime settimane l’Eav ha infatti registrato un incremento del 30 per cento di passeggeri che pagano il biglietto. Primi, timidi segnali. Che naturalmente non possono bastare, anche perché l’evasione incide direttamente sulle casse delle aziende: chi non oblitera il tagliando, non aiuta le società, e il trasporto pubblico, a sopravvivere. Va peggio all’Anm, la società di trasporti del Comune di Napoli: se per il metrò i controlli ed i tornelli riescono a contenere le percentuali di evasione, per i bus la scarsa presenza di ispettori favorisce i furbi. Che dilagano. Si è arrivati così a una percentuale record di «portoghesi»: uno su due viaggia gratis. Quanto agli atti vandalici, gli enti locali stanno lavorando per tentare di rafforzare la presenza di agenti in borghese a bordo dei mezzi e per incrementare gli impianti di videosorveglianza. Anche qui, però, c’è ancora molto da fare ed alcune stazioni, specie nelle ore serali, restano terra di nessuno.

I guai di Salerno

È del 13 settembre dello scorso anno l’ultimo piano di rimodulazione, al ribasso, dei chilometri di servizio del Cstp: con una sforbiciata di un ulteriore milione di chilometri, casi di soppressioni di alcune corse del primo mattino e tempi di attesa dilatati tra una corsa e un’altra. A luglio, invece, i nuovi vertici aziendali, dopo la messa in liquidazione dell’azienda e la successiva amministrazione controllata, decidono di vendere. In attesa dei nuovi acquirenti, continuano a circolare bus (il Cstp ha in dotazione 270 mezzi) con un’età media di 12 anni. I 250 pullman della Sita Sud, invece, hanno un’età media di 13 anni. Di oltre 17 anni è la media di età dei bus delle autolinee private. Non se la passa bene neppure il trasporto su ferro: dei 105 convogli regionali tagliati da Trenitalia, 48 passavano per Salerno. E la metropolitana cittadina? Dopo lo stop dell’estate scorsa, a meno di un anno dall’inaugurazione, il metrò è ripartito ma con 10 corse giornaliere in meno (da 58 a 48).

Caserta ko

Il colpo più forte Terra di Lavoro l’ha subito con il ridimensionamento della tratta ferroviaria Caserta-Benevento, con il movimento ridotto del 70 per cento. Nel 2014 è stata praticamente cancellata la storica linea Alifana (per problemi di costi) che collegava Piedimonte a Napoli. Da anni dura invece la paralisi dello scalo merci di Maddaloni, a seguito del mancato decollo dell’Interporto. In sofferenza pure la tratta Napoli-Caserta, soprattutto per quel che riguarda i servizi, nonché la tratta Caserta-Salerno. Sul versante del trasporto su gomma, manca ancora un piano di bacino. Ad ottobre chiude Atc di Vitulazio (che collega Napoli e Caserta) con 40 addetti. Servizio a scartamento ridotto nell’Alto Casertano da almeno due anni, dopo l’avvento di Clp, sottoposta alla gestione di due commissari prefettizi.

Avellino resiste

Tanta gomma, pochissimo ferro. Il trasporto pubblico locale in Irpinia è affidato quasi completamente agli autobus della Air, partecipata di totale proprietà della Regione che ogni anno percorre 10 milioni di chilometri. Negli ultimi cinque anni sono stati rottamati dall’Air 30 autobus e tra il 2012 e il 2013 ne sono stati acquistati 24 nuovi. L’Air ha i conti in ordine: nel 2014 si è registrato un utile pari a 130mila euro, con un fatturato di circa 31 milioni. Il resto è solo rimpianto per la storica ferrovia Avellino-Rocchetta, dismessa nel 2010, e speranza per la Funicolare di Montevergine, che dovrebbe tornare a funzionare l’anno prossimo dopo lo stop di un triennio.

Benevento soffre

Per il ferro dal 2010 il taglio ai servizi e alle risorse è stato del 25 per cento con azzeramento dei servizi festivi da Benevento per Napoli via Valle Caudina gestiti da Eav, garantiti solo da due coppie di corse con autobus. Il collegamento Fs con Napoli via Telese è stato ridotto del 25 per cento come pure il servizio verso Avellino. Non esiste una metropolitana. Le aziende che gestiscono il servizio su gomma sono 15, di cui due pubbliche. Anche in questo comparto è calata inevitabilmente la scure, con tagli e soppressioni che hanno penalizzato soprattutto la Val Fortore.