L'ospedale degli errori, con cinque morti sospette

L'ospedale degli errori, con cinque morti sospette
di Pietro Treccagnoli
Mercoledì 1 Luglio 2015, 08:39 - Ultimo agg. 08:51
2 Minuti di Lettura
Di casi di malasanità all’ospedale di Boscotrecase ce ne sono stati, eccome. E molto più gravi dell’intervento alla gamba sbagliata, un femore per un altro, di cui è stato vittima l’86enne Tomaso Stara, originario di Sassari, e che ha riportato agli onori della cronaca la struttura sanitaria vesuviana. Tra morti e inchieste che hanno coinvolto il Sant’Anna, lo scambio di un osso potrebbe sembrare una bazzecola. I dirigenti non minimizzano, però. Anzi hanno alzato le mani, subito. Provano, sommessamente, comunque a suggerire un aspetto positivo del gravissimo errore.



Il paziente sta bene, tra qualche giorno sarà dimesso, aggiungono, come per lenire responsabilità e sensi di colpa. E avrà tutt’e due le gambe rinforzate dal «chiodo omega», insistono. È quello che i filosofi chiamano eterogenesi dei fini. Ma qui c’è poco da prenderla con filosofia. Aprire la gamba destra per ricomporre una frattura al femore sinistro è un errore che manco uno studente di anatomia. Intanto i sette (tra medici e paramedici: chirurgo, assistente, anestesista, caposala e tre infermieri) sono stati sospesi dall’attività chirurgica, destinati ad altro incarico con divieto assoluto di entrare in sala operatoria. Poi, con le tappe dell’inchiesta giudiziaria, che si sovrappone a quella interna, si decideranno altri eventuali provvedimenti.



Il Sant’Anna di Boscotrecase fu pensato dagli architetti come un gabbiano che si espande su oltre 22mila metri quadrati, ma non ha mai volato. Anzi aspetta, a quasi dieci anni dalla sofferta inaugurazione (tra stop and go è una vicenda lunga decenni), ancora i posti letto e i reparti promessi. Tra quelli operativi c’è Ortopedia che s’è conquistato persino una medaglia (da parte della stampa specializzata) come reparto con minor mortalità nei rischiosi interventi al femore. Un paradosso, visto il clamoroso errore di superficialità in cui è incappata l’equipe intervenuta su Stara.



In attesa nel reparto ci sono due o tre persone. Un’anziana con un braccio rotto aspetta da ore, dice, su una sedia. Guarda paziente fuori dal finestrone. «È vero che stiamo in ospedale» ha ragionato con filosofia spicciola «ma abbiamo un bel panorama». In effetti, si può godere del mare e della linea netta della Costiera sorrentina, con il Faito in primo piano. Al Sant’Anna ci si arriva facilmente, si esce dall’autostrada a Torre Annunziata e ci si arrampica appena sull’arida schiena del formidabil monte. Attorno case sparse, una strada stretta tra i muri scarni di villette dietro i quali intravedi qualche vite domestica. Poi, l’ospedale, circondato da campagna incolta e rari alberi assetati. Anche senza conoscere la lista dei casi di malasanità, non viene voglia di entrare. A prescindere. Il panorama? No grazie, può anche rendere nervosi. Qui si cerca la salute, mica la bellezza.



CONTINUA A LEGGERE

SUL MATTINO DIGITAL
© RIPRODUZIONE RISERVATA