Torre Annunziata. «Mio marito mi picchiava: devi morire come un coniglio». E l'uomo in aula ripreso perché sogghigna

Torre Annunziata. «Mio marito mi picchiava: devi morire come un coniglio». E l'uomo in aula ripreso perché sogghigna
di Dario Sautto
Sabato 10 Ottobre 2015, 10:09
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TORRE ANNUNZIATA - «Sono stata vittima di violenze da parte del mio ex marito, e come me anche mia figlia». Il racconto, crudo e pieno di particolari, è stato reso durante la sua testimonianza dalla donna, una 45enne di Torre Annunziata, teste chiave nel processo a carico del suo ex marito. «Mi ha picchiato a colpi di padella, mi ha portato via tutti i soldi e per anni sono stata vittima di ogni insulto da parte sua».



Ieri mattina, nell’aula del tribunale oplontino, dinnanzi al collegio della seconda sezione penale – presidente Antonio Pepe – la donna ha risposto alle domande del pm Marco Mansi e dei difensori di parte, aggiungendo dettagli sulla vicenda.

Tutto parte a settembre 2013, quando la donna si fa forza e decide di chiedere la separazione dal marito, dopo quasi 20 anni di matrimonio, con le due figlie ormai grandi e una serie di episodi nascosti per due decenni.



«Non ebbi il coraggio di denunciarlo ai carabinieri – ha detto la vittima – ma sono stata anche violentata. Vivevamo ancora assieme, ma ormai eravamo in fase di separazione. Mentre dormivo, chiuse la porta a chiave, mi svegliò e cominciò a terrorizzarmi. Tentai di fuggire, ma al terzo tentativo mi braccò, mi prese per i capelli e mi scaraventò sul letto».



Lì, il racconto della donna comincia a essere meno fluido, ma si sofferma sui particolari della violenza sessuale vera e propria. Timbro di voce deciso, qualche interruzione per la «vergogna» di rivelare dettagli scabrosi della vicenda, il racconto viene interrotto da profondi sospiri, quasi a cercare il coraggio di parlare. «Lo imploravo di lasciarmi stare – ha raccontato – ma non si fermò. Dopo, andai in bagno e vomitai. Il giorno dopo andai in caserma dai carabinieri, fu un maresciallo ad accogliermi, un uomo, quindi non ebbi il coraggio di raccontargli questo episodio, avevo troppa vergogna e solo adesso ho trovato la forza per farlo».



La violenza sessuale tra le mura domestiche si sarebbe verificata a novembre 2013, quando la donna decise di denunciare gli altri episodi, non quello della sera precedente. Il suo ex coniuge – G.S., marittimo di 48 anni – è imputato per diversi episodi di violenza in famiglia. Presente in aula, è stato richiamato più volte dal presidente del collegio giudicante perché «sogghignava» in Aula.



L’udienza (a porte chiuse) è stata interrotta diverse volte per la tensione, da ambo le parti.

«Mia figlia ha avuto delle conseguenze dalle violenze che ha visto e ha subito. Una volta – ha proseguito la donna – ad appena due anni, è stata picchiata: lui le ha rotto un piatto in testa per la rabbia. La piccola poi, è stata costretta a cure di logopedia, era balbuziente, ma credo che il trauma più forte l’abbia vissuto dopo aver assistito a una scena di violenza nei miei confronti. Una sera mi spinse sul letto e cominciò a colpirmi con una scarpa in testa, perché diceva che dovevo morire come un coniglio per avergli rifiutato un rapporto sessuale».



Alla violenza fisica poi, si sarebbe aggiunta quella psicologica. «Mi diceva che ero una morta di fame perché la casa era di sua proprietà e non lavoravo, portava lui i soldi a casa e io non facevo niente. Le violenze – ha proseguito la vittima – sono aumentate dopo avergli comunicato la mia intenzione di separarmi da lui. Non ha mai accettato che io non fossi più la sua donna».



I problemi c’erano anche con il resto della famiglia. «A un funerale – ha concluso – feci le condoglianze a mia suocera. Lei mi rispose “grazie, altrettanto”. Non so cosa volesse dirmi, ma cominciai ad avere paura».

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