Utero in affitto in Ucraina: assolta coppia di Pozzuoli

Utero in affitto in Ucraina: assolta coppia di Pozzuoli
di Alessandro Napolitano
Giovedì 30 Luglio 2015, 08:27 - Ultimo agg. 08:42
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Pozzuoli. Un viaggio all’estero per poter finalmente realizzare il loro sogno, quello di avere un figlio. Senza immaginare che al loro rientro in Italia avrebbero subito perquisizioni, sequestri di oggetti personali, esami del Dna e un processo con ben quattro capi d’accusa.



Ma soprattutto inconsapevoli che la loro sentenza di assoluzione sarebbe diventata un precedente giudiziario destinato a fare chiarezza su una delle leggi più controverse degli ultimi anni: quella sulla procreazione medicalmente assistita, meglio nota come «legge 40». È la storia di una coppia di Pozzuoli che non poteva avere figli. I due hanno così deciso di raggiungere l’Ucraina, dove gli ovuli già fecondati da lui sarebbero stati impiantati ad una donna di Kiev. In pratica avrebbero scelto la via della surrogazione di maternità, più conosciuta come «pratica dell’utero in affitto». Tanti i casi puntualmente «scoperti» dall’ambasciata dell’ex Paese sovietico, ma sempre finiti con archiviazioni o assoluzioni per il solo reato di falso.



Mai, prima d’ora, le coppie italiane che avessero deciso di praticare la surrogazione di maternità erano finite sul banco degli imputati per violazione della legge 40. Dal sogno all’incubo nel giro di pochi giorni per la coppia puteolana. Partita dall’Italia alla volta di Kiev nel 2013, raggiungendo uno dei paesi europei in cui vigono leggi tra le più permissive in materia di procreazione assistita. L’impianto degli ovuli fecondati riesce perfettamente. La madre «surrogata» porta avanti la gravidanza senza alcun problema, fino alla nascita del piccolo, il 30 agosto del 2014. Così come previsto in Ucraina, la donna che ha dato alla luce il bambino ne registra la nascita all’Ufficio di stato civile di Kiev.



Nel documento viene indicato anche che il padre e la madre del bimbo sono i due italiani, e che lei lo ha solo portato in grembo, rinunciando così ad ogni diritto e dovere sul bimbo. Il relativo certificato di nascita viene poi registrato dalla coppia all’ambasciata italiana e da lì trasmesso agli uffici di stato civile di Pozzuoli. Un iter perfettamente in regola con le leggi ucraine, chiarirà il giudice. La stessa ambasciata, però, trasmette gli atti alla Procura di Napoli segnalando il tutto come «un ennesimo caso di surrogazione di maternità».



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