Cosentino: l'ex leader di FI della Campania trasferito nel carcere di Spoleto

La Cassazione: "Era il referente della camorra"

Nicola Cosentino
Nicola Cosentino
Marilu Mustodi Marilù Musto
Martedì 5 Settembre 2023, 16:23 - Ultimo agg. 17:40
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«Era il punto di forza politico del clan». Così, la Corte di Cassazione affonda definitivamente l’unica scialuppa di salvataggio dove aveva trovato riparo Nicola Cosentino, l’ex parlamentare e potente coordinatore di Forza Italia, condannato a 10 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa in via definitiva in primavera. L’ex sottosegretario all’Economia, quindici giorni fa, è stato trasferito dal carcere di Rebibbia a Roma a quello di Spoleto, in Umbria. Il settore in cui è recluso è quello dell’Alta sicurezza, destinato ai detenuti e internati di spiccata pericolosità. E questo ha comportato per Cosentino anche la nomina di un nuovo avvocato del foro di Perugia per le esecuzioni. Sui motivi del trasferimento ordinato dal Dap c’è il più stretto riserbo, ma intanto gli avvocati storici dell’ex politico - Stefano Montone, Agostino De Caro e Vincenzo Maiello - sono in procinto di valutare la possibilità di un ricorso alla corte Europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo. La verità è che è ancora presto per dire se il passo verso Strasburgo si farà. Per i consiglieri della Cassazione numerose sono state le dichiarazioni dei collaboratori che indicavano Cosentino come «soggetto amico e vicino al clan dei Casalesi». La motivazione della sentenza, lunga 91 pagine - presidente Anna Petruzzellis - ripercorre le due motivazioni precedenti di primo e secondo grado e spiega che Cosentino era nella «permanente disponibilità del clan» perché «i collaboratori di giustizia» lo indicano come il «riferimento politico» della camorra. Sono 19 i pentiti che accusano Cosentino, ascoltati dal tribunale di Santa Maria Capua Vetere e di Napoli (attraverso i verbali). Dunque, per i consiglieri della sesta sezione penale, il politico più influente dell’intera Regione (ormai ex) non era un semplice “giocoliere” del voto di scambio, ma il gancio istituzionale della malavita. Un capitolo a parte i consiglieri della Cassazione lo dedicano all’Eco4, l’azienda di Sergio Orsi - ma di fatto in mano al clan Bidognetti - che quindici anni fa gestiva l’appalto per la raccolta dei rifiuti nella provincia di Caserta. Su un punto i consiglieri si fermano: il rilascio del certificato antimafia da parte della Prefettura di Caserta all’Eco4, concessione sbloccata grazie a un intervento dell’ex deputato di Forza Italia. «La sentenza impugnata - scrivono i giudici - ha rilevato come risultasse accertata la difficoltà del rilascio della certificazione come un ostacolo all’operatività della società Eco4 nei Comuni del Casertano». In che modo era intervenuto Cosentino? «Con l’interessamento - si legge a pagina 66 - di Cosentino da parte degli Orsi, in quanto poteva avere peso nel rilascio, ma anche con l’intervento del ricorrente nel chiedere informazioni al Prefetto sulle ragioni deputate ostative al rilascio della certificazione antimafia». E Cosentino, avrebbe «contattato telefonicamente il dottor Provolo con il quale prese un appuntamento per dei chiarimenti». La Cassazione ha richiamato nella sua motivazione interi passaggi della corte di Appello di Napoli «con le dichiarazioni di Giuseppe Valente e di Sergio Orsi sul fatto che quest’ultimo avendo ricevuto notizie da un funzionario della Prefettura circa l’esito negativo del rilascio della certificazione, Cosentino si recò da entrambi (Valente e Orsi) e davanti a loro telefonò in Prefettura». Il risultato fu la concessione dell’antimafia all’Eco4 per operare anche nel comune di Mondragone «perché nessuna interdittiva pervenne a Mondragone». I magistrati, al terzo motivo proposto dagli avvocati dell’ex sottosegretario sulla generica disponibilità del candidato alle elezioni ad assecondare le esigenze dei Casalesi, rispondono riportando le parole dei giudici di merito che riprendono i pentiti da cui si evince «il livello di intensità e qualità dei rapporti tra loro esistenti che per durata, stabilità e serietà degli impegni assunti da entrambe le parti, poneva la condotta contributiva di Cosentino assimilabile a “chi prende parte” all’associazione restando a disposizione».

La motivazione è un macigno per l’ex sottosegretario che dovrà scontare ancora parecchi anni dietro le sbarre. 

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