Strage di San Gennaro, Castel Volturno non dimentica

Strage di San Gennaro, Castel Volturno non dimentica
di Vincenzo Ammaliato
Martedì 19 Settembre 2017, 08:10 - Ultimo agg. 09:14
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Incontro con gli alunni delle scuole medie del territorio nella sala consiliare e poi deposizione di fiori e preghiera interreligiosa sul luogo dell’eccidio; così si è svolta a Castel Volturno l’ottava commemorazione degli immigrati africani uccisi il 18 settembre del 2008 per mano della camorra. Il centro Sociale Ex Canapificio ha coinvolto come ogni anni una copiosa rete di associazioni e istituzioni per mantenere alta la memoria. 

Molti i presenti al tristemente famoso chilometro 43 della Domiziana, fra cui: Camilla Sgambato, parlamentare del Pd, dirigenti di Libera, religiosi e alcuni delegati della prefettura di Caserta. Non si è visto, invece, Antonio Cappetta, neo prefetto per l’area di crisi di Castel Volturno. Qui, nove anni dopo quel tragico momento, la saracinesca della Ob Ob Fashion è ancora abbassata. I sei immigrati uccisi con la loro morte hanno offerto una possibilità di riscatto all’intero territorio, perché dopo la strage lo Stato ha annientato l’ala criminale della camorra e liberato la città domiziana dal peso della malavita. Ma per gli immigrati che vivono in zona, però, poco è cambiato. Unanime il disappunto fra gli intervenuti alla commemorazioni sulle opportunità mancate per gli ultimi della Domiziana. «Non ci sono percorsi specifici d’inclusione sociale per gli stranieri – sottolinea Rosalba Scafuro – assessore alle politiche sociali del Comune di Castel Volturno – e sia il territorio, sia l’amministrazione locale sono abbandonati al proprio destino. Qui siamo tutti uniti – spiega l’assessore – dall’abbandono». 

Il progetto criminale che aveva il killer Setola era di far assoggettare qualunque operatore economico al suo potere. Anche gli africani che spacciavano droga e sfruttavano la prostituzione gli dovevano pagare la tangente. Ma loro, a differenza dei commercianti e piccoli imprenditori italiani, erano difficili da intercettare e da assoggettare. E allora serviva un gesto eclatante per incutere paura, terrore e decise la strage sparando nel mucchio. Il risultato, però, fu opposto a quello previsto. Gli africani della domiziana, a differenza del comportamento adottato dagli italiani, letteralmente piegati dalla prepotenza del balordo di turno, il giorno dopo la strage diedero vita alla prima e forse unica vera manifestazione contro la camorra della costa casertana. Sicuramente, quella cui abbiano partecipato più persone. Qualche ora dopo la manifestazione di protesta il ministero degli interni decise di istituire un’unità di crisi alla prefettura col compito di debellare una volta per tutta l’ala militare della camorra dei casalesi. I killer e i loro gregari furono tutti arrestati, processati e condannati nel giro di poco tempo. La domiziana e l’agro Aversano da allora vive senza il peso della malavita organizzata. Per gli immigrati, però, poco è cambiato e quella saracinesca abbassata al chilometro 43 della Domiziana ne è un simbolo. 
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