Fondazione Banconapoli e Cartastorie, brilla la Napoli del Seicento

«Sulla tela e sulla carta. Dipinti e documenti antichi raccontano la Napoli barocca», da oggi al 22 gennaio

Trenta dipinti antichi in mostra al museo Cartastorie
Trenta dipinti antichi in mostra al museo Cartastorie
di Giovanni Chianelli
Mercoledì 9 Novembre 2022, 12:00
4 Minuti di Lettura

Il pentimento dopo un adulterio. Fu quello che forse provò il committente di un quadro di Andrea Vaccaro: la modella del dipinto potrebbe essere la donna con cui l'uomo consumò l'infedeltà e che in via riparatoria l'artista avrebbe trasformato in Santa Marta perché, intanto, la relazione si era conclusa. È quanto si può dedurre dal documento che accompagna il quadro. L'ansia di un padre per la salute della figlia piccola, è dietro un'altra opera, stavolta di Pacecco De Rosa, e la transazione per l'acquisto di una casa in via Toledo dove la bambina avrebbe potuto trovare un ambiente più salubre per i suoi malanni. Nelle composizioni figurative dei capolavori dell'arte, e nell'inchiostro dei documenti che le accompagnano, si nascondono storie di vita vera, carne e sangue, amore e paura.

Sono le vicende che la Fondazione Banconapoli ha tirato fuori dal suo archivio storico e che ha deciso di mettere in mostra, «Sulla tela e sulla carta. Dipinti e documenti antichi raccontano la Napoli barocca», da oggi al 22 gennaio al Cartastorie, il museo della Fondazione in via dei Tribunali.

L'esposizione, curata da Gianni Citro, il parroco che ha ideato il «Meeting del mare» nel Cilento e l'associazione C.R.E.A., è composta da 30 opere provenienti da varie collezioni, di artisti attivi tra la fine del 500 e la metà del 600, non tutti napoletani e italiani: la Napoli barocca animata, tra gli altri, da Luca Giordano, Fabrizio Santafede, Johann Carl Loth, Antiveduto Gramatica, Massimo Stanzione, Artemisia Gentileschi, Francesco Solimena, Tommaso Ruiz e Francesco De Mura.

«Imprese d'arte e di mercato, destini e sorprese di grandi protagonisti e gente comune del macchinoso teatro della città sono contenuti nelle pagine dei volumi: rivelano fatti remoti ma di straordinario interesse documentario», dice Citro.

L'allestimento si sviluppa su un legame ipotetico tra i quadri e la documentazione: «Un rapporto non pedissequo, le carte non sono riferite all'opera ma molto spesso all'autore o al contesto che il dipinto evoca» spiega Andrea Zappulli, responsabile dell'archivio.

Se non fosse termine abusato nelle mostre d'arte, si direbbe che stavolta carte e quadri siano realmente in dialogo: per facilitare la fruizione delle sezioni sono state registrate diverse voci narranti con cui si animano gli artisti, i committenti e i personaggi dei quadri, in una trama che cala lo spettatore nell'atmosfera dell'epoca, così come nella proposta di chi ha studiato il percorso. 

Video

Il gioco funziona, le mini installazioni formate da tele e carte, immerse nella penombra dell'archivio, assicurano il transfert: un documento del 1618 descrive la relazione tra Giovanni Bernardino Azzolino e il pittore Giuseppe Ribera che sta per sposare la figlia di Azzolino, la causale di pagamento rinvenuta in un giornale del Banco dello Spirito Santo indica i termini economici dell'accordo e la voce della giovane correda il San Giovanni Evangelista che campeggia, illuminato, tra i faldoni. Citro spiega la scelta del periodo, in un ambiente che vive, nel diciassettesimo secolo, illuminato dalla presenza di Caravaggio: «Napoli è una risorsa sconfinata di tesori e di informazioni d'arte, ma la Napoli del Seicento custodisce nel suo grembo un fiume pieno di sorprese e di capolavori. Una città carica di fermenti artistici, sedotta da geni potenti, frequentata da spiriti diversi e profondi, afflitta da miseria e inondata dal desiderio di mostrarsi e farsi notare dal mondo. Capitale di cultura scomposta e loquace, viva e tenebrosa, densa di paure e misticismo». E conclude: «Esibire, su una traiettoria unica, tele e carte insieme, è un esperimento di una rara potenza emotiva». 

© RIPRODUZIONE RISERVATA