Roberto De Simone si prepara a festeggiare un compleanno importante (il 25 agosto saranno novanta, tanti auguri maestro) con il supremo distacco dei saggi. Chiuso nella bella casa napoletana di via Foria, tra gli strumenti antichi, le tante testimonianze e i documenti preziosi di una vita dedicata all'arte e alla ricerca, si dice estraneo agli accadimenti della cronaca, inquinati da «troppa confusione», e insofferente delle stanche ritualità del consumismo che pretendono di ingabbiare in una data simbolica la complessità di un'intera esistenza spesa sondando le profondità dei saperi.
Musicologo, scrittore, antropologo, regista, drammaturgo, compositore, saggista, inarrivabile conoscitore delle tradizioni popolari campane legate alla civiltà contadina, De Simone è stato ed è a tutti gli effetti un uomo rinascimentale. Un cultore indomabile della bellezza.
Dall'indagine antropologica sul campo nel solco di Ernesto De Martino e Annabella Rossi alla rivoluzione sonora della Nuova Compagnia di Canto Popolare, dal successo della «Gatta Cenerentola» a Spoleto che folgorò Eduardo De Filippo all'originale rilettura dei capolavori di Viviani, dall'ammirazione per l'estetica pasoliniana generatrice di uno straordinario Requiem all'amato Pergolesi e all'inarrivabile sapienza sul Settecento napoletano, alle collaborazioni eccellenti con i talenti più grandi, in ogni tappa della sua esperienza speculativa De Simone ha saputo lasciare il segno. E ben lo sa chiunque abbia avuto il privilegio di frequentarlo e la fortuna di godere della sua coltissima conversazione. Chiunque conosca la sua inesauribile curiosità per il nuovo e il suo gusto arguto per la provocazione filosofica, la sua capacità di attraversare il contemporaneo attingendo agli inesausti serbatoi del sapere antico; chiunque, insomma, abbia incrociato quel talento pirotecnico che fa di lui un portatore sano di conoscenza e di spirito critico.
Per la natura del suo impegno artistico, per il patrimonio di conoscenza che è capace di distillare a ogni incontro, per il talento proteiforme che non conosce stanchezze, De Simone si configura, egli stesso, come bene culturale. Non un monumento cristallizzato in un ieri luminoso, ma uno scrigno di saperi esercitati con curiosità scientifica e, di pari passo, con il disincanto dell'esperienza e la passione di un carattere mai assuefatto al conformismo e ai contraccolpi del politicamente corretto.
Saperlo lì, puntuto e scorrettissimo nella lettura dell'etica e della politica, libero di modulare la propria ribellione a volte sul filo della raffinata ironia, a volte sui toni di un deluso scoramento, simbolo con la sua stessa presenza di una resistenza umana e culturale che solo ai superficiali può apparire separata e distante, è un conforto intellettuale. Sapere che Napoli (dove ha deciso comunque di restare, al contrario dei tanti che hanno continuato altrove il loro percorso artistico e umano), all'alba dei suoi novant'anni disattende ancora all'impegno di trovare una casa al corpus davvero unico del suo patrimonio artistico collezionato in anni di creazioni, di studi e di ricerche, è un pensiero che amareggia la gioia della ricorrenza. Roberto De Simone è un'eccellenza italiana, un nume tutelare per la cultura della città mondo. Sottrarre questo approdo della sua prestigiosa carriera alle miopie decisionali e alle pastoie della macchina burocratica sarebbe il regalo più bello di un genetliaco speciale, anzi un dovere civile.