Dylan Thomas, ritratto del poeta da narratore

Ristampati e ritradotti i racconti dello scrittore

Dylan Thomas
Dylan Thomas
di Giuseppe Montesano
Giovedì 14 Marzo 2024, 09:36 - Ultimo agg. 15 Marzo, 07:33
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Poiché Robert Zimmerman non era solo un genio della song cantata in inglese, ma anche un talentuoso costruttore della propria «aura», fin da subito cambiò il proprio nome in quello di Bob Dylan, e disse che lo aveva fatto perché folgorato dai versi del poeta Dylan Thomas, assurto nel 1953, dopo la morte a trentanove anni, a icona moderna del poeta maledetto tutto dedito al bere e alle donne.

Ma Dylan Thomas era un poeta vero, e se anche gli piaceva nasconderlo dietro l'immagine di maudit e di grande lettore-attore delle sue poesie che recitava facendole diventare un ipnotico canto, era un letterato che scavava nella lingua con accanimento tecnico e metrico. La sua poesia è fortemente animata da una retorica poetica dove le immagini bibliche e folcloriche e misteriche si fanno simboli oscuri, e dove il lettore è preso come dentro una rete di enigmi in cui persino i nomi dei luoghi tendono a mitizzarsi e a farsi allegorie: ma Dylan Thomas era anche uno scrittore in prosa, più precisamente un narratore. E ora è appena uscito per l'Einaudi un volume intitolato semplicemente I racconti, un libro uscito sessant'anni fa tradotto da Floriana Bossi, Lucia Rodocanachi e Angelo Fauno, che ora torna con le traduzioni riviste, con giusta sobrietà, da Claudia Canale, e con una lunga, ramificata e bella prefazione di Gabriele Frasca: una prefazione da leggere con attenzione perché ci cala sotto la superficie della prosa di Dylan Thomas e la intreccia, a sorpresa ma giustamente, a scrittori come Beckett e soprattutto Salinger.
E noi qui, senza indugi, diciamo: Lettore, se non conoscevi ancora questo Dylan Thomas non esitare, e per il bene della tua anima e il piacere del tuo corpo, apri questo libro e leggilo.

La storia fatta di storie del Ritratto dell'artista da cucciolo e il miracoloso frammento di romanzo Avventure nel commercio della pelle sono imperdibili, e i racconti giovanili e gli altri sono una lettura affascinante.

Ma perché sono affascinanti questi racconti? Si potrebbe dire, bruscamente e tagliando un po' con l'accetta i ragionamenti, qualcosa del genere: l'elemento allegorico-simbolico che grava fin troppo sullo splendore dei versi di Thomas, qui è sostituito dalla realtà quotidiana; l'elemento mitizzante sia biblico che «folclorico» che sovrabbonda nei versi, qui diventa mythos nel senso sorgivo di favola o di racconto; la densità di immagini che a volte soffoca la poesia di Thomas, qui diventa una essenziale densità in cui le immagini sono al servizio della storia da raccontare: e per questo, proprio per questo, le immagini diventano concrete, sensuali, saporose, non sono più immagini con un fondo astratto-allegorico ma si fanno completamente e naturalmente corporee. Ma l'abbandono dell'astrazione a favore della concretezza non è forse l'essenza della poesia? Certo, e i migliori tra questi racconti trasportano molti elementi essenziali dell'arte della poesia nella forma della prosa narrativa, e fanno sì che l'elemento picaresco, che compare già nel Ritratto dell'artista da cucciolo e che diventa l'anima delle Avventure nel commercio della pelle, non sia né un'imitazione dei modelli né una stilizzazione stucchevole, ma la forma esatta in cui il «comico» si manifesta in Dylan Thomas nel suo aspetto poetico. Il medium attraverso cui arriva nella prosa di Dylan Thomas la poesia è quello dell'infanzia e dell'adolescenza, le zone in cui il confine tra vita cosciente e vita inconscia è estremamente labile, là dove si pensa e si sente che tutto è possibile: lo stesso «tutto è possibile» che agisce nelle fiabe.

Ma i racconti di Thomas sfuggono al pericolo del fiabesco inautentico, caratteristico della modernità che vuole sfuggire a sé stessa, e in essi affiora il grande raccontare: quello che vuole realtà ma non realismo illuso di registrare la realtà, quello capace di dar vita al fluire in cui le sensazioni si trasferiscono dal corpo alla mente e dalla mente al corpo.

Ecco allora la densità mai esornativamente oscura del suo fraseggio, ecco i salti che tagliano i collegamenti quando i collegamenti non servono e quando servono ecco l'economia di mezzi con cui sono formati, e ecco quello spirito improvvisativo che scopre le cose mentre le scrive e che rende l'epistolario di Thomas una meraviglia: un raccontare felice, festoso anche nel dramma e che respira con le parole. Dylan Thomas prosatore e narratore ha i suoi parenti e antenati, ma non somiglia a nessuno: leggerlo è una gioia, e accende un piccolo fuoco di altrove nel gelo della notte pseudoletteraria dove tutto somiglia a tutto.

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