Il ritorno di Pérez-Reverte: «La guerra dura da sempre»

La narrazione del conflitto civile spagnolo

Perez Reverte
Perez Reverte
di Francesco Mannoni
Mercoledì 20 Marzo 2024, 09:36 - Ultimo agg. 21 Marzo, 06:37
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«Ho scritto un romanzo senza buoni né cattivi, di uomini in balia dell'orrore della guerra»: Arturo Pérez-Reverte parla di Linea di fuoco (Rizzoli, pagine 608, euro 22, traduzione di Bruno Arpaia).

Lo scrittore spagnolo, per vent'anni corrispondente di guerra in Africa, Asia ed Europa, autore di best seller come la serie del capitano Alatriste (Viggo Mortensen al cinema) e quella di Lorenzo Falcò, nel suo nuovo ultimo romanzo racconta gli orrori della guerra civile spagnola (19361939), svelando episodi ignorati anche dai libri di storia. Si tratta di vicende eroiche, dolorose e cruente che lo scrittore ha portato a «Dedica», la manifestazione letteraria in corso a Pordenone che gli ha «dedicato» interamente la sua trentesima edizione.

In Spagna il suo libro è stato definito una sorta di «Iliade» del XX secolo. Qualcuno ha dimenticato le atrocità della guerra civile spagnola?
«Tutte le guerre sono atroci, e quelle civili lo sono ancora di più perché sono combattute da vicini di casa che si conoscono, hanno rancori personali, conti da saldare.

E quando si è vicini e conoscenti, le ideologie non hanno più importanza: prevalgono sempre gli odi personali. In Spagna il conflitto è stato durissimo e per questo non ho voluto raccontare la guerra ideologica tra bande politiche, ma la guerra di trincea tra pari, uomini che si guardavano negli occhi quando si uccidevano. Ed è la guerra che mi è stata raccontata direttamente dai protagonisti sopravvissuti, genitori, figli, amici delle famiglie degli scomparsi».

La guerra civile spagnola fu reazione al colpo di Stato nazionalista, fascista. Eppure lei guarda più al lato umano che quello ideologico che condusse la nazione a decenni di dittatura aberrante.
«La guerra civile è la più assurda, la più naturale e la più (dis)umana di tutte le guerre, perché l'uomo si manifesta molto chiaramente con le sue ossessioni. Quando finiscono, le guerre civili vengono dimenticate, e così le lezioni importanti che dovrebbero aver impartito. La seconda guerra mondiale è stata una guerra civile europea, e ce la stiamo dimenticando, quindi ci meritiamo, forse, la lezione terribile che può darci l'oblio. E qualsiasi cosa succeda siamo sempre colpevoli: a partire da una certa età ogni essere umano è responsabile di quello che è e della faccia che ha».

Lei che da inviato ha seguito tante guerre e ne ha vissuto direttamente gli orrori, che cosa pensa dei conflitti attualmente in corso in Ucraina e in Israele?
«È sempre lo stesso conflitto, da Troia fino ad oggi. Cambia solo la tecnologia, il modo di uccidere le persone e di distruggere le città: il cavallo di legno oggi sono i droni, ma la guerra è uno stato naturale dell'umanità. In Occidente oggi pensiamo che la guerra sia un fatto superato, ma non è così: la guerra è in noi e torna periodicamente così come il Vesuvio può tornare ad eruttare, arrivano i terremoti e le epidemie. Cambia soltanto la tecnica. L'essere umano è sempre lo stesso figlio di buona donna di migliaia di anni fa».

L'instabilità politica di molti paesi mediorientali e il fanatismo religioso che li governa, è una sorta di bomba inesplosa sul futuro della pace mondiale?
«Qualunque fanatismo è una bomba che può esplodere e distruggere la pace. E non c'è fanatismo peggiore di quello nazionalista o religioso. Quando gli uomini pensano che patria o Dio possano giustificare tutto tirano fuori il peggio di sé. La storia lo dimostra con mille esempi. La cosa triste è che gli esseri umani non hanno imparato niente dalla storia che viene anche cancellata dai programmi scolastici nelle scuole».

Poi c'è Putin. che minaccia il mondo con lo spauracchio atomico perché nessuno possa intralciare la sua annessione dell'Ucraina.
«Premetto che io racconto delle storie, non sono un analista politico. Posso però dire che nel mondo ci stanno tiranni perché il mondo li vuole avere. Spesso la storia dimostra che i tiranni non sono marziani calati dallo spazio, ma sono tra noi, che li abbiamo allevati e incoraggiati, e incarnano il nostro lato più sporco, più scuro e più vile. Penso a Franco, naturalmente, ma anche a Stalin, Hitler, Mussolini... Non sono fenomeni estranei all'umanità: ne sono parte. Siamo noi i responsabili di questo».

Il Papa si affanna a richiamare i capi di governo a una politica di pace, ma le sue esortazioni sembra cadano nel vuoto: secondo lei la Chiesa ha perso forza di persuasione?
«Quasi del tutto, almeno in Occidente e in Europa. La brutta notizia è che non l'ha perduta in altri luoghi, ovvero nei paesi fanatici che ci faranno fuori. L'Occidente è alla fine del suo ciclo, sta morendo come sono morti tutti gli imperi e le grandi civiltà. Sta arrivando un altro mondo. Non so se meglio o peggio, per me è uguale perché io non ci sarò per vederlo, ma l'Occidente che ho conosciuto attraverso i grandi poeti, scrittori e pensatori che hanno determinato le nostre radici, è condannato a morte. Forse questa Europa non merita di poter vivere. Arrivano persone che hanno fame, sono disperati, hanno talento e voglia di fare e siamo restii ad aiutarli. La domanda che mi dovrebbe fare sarebbe: chi merita di vincere? Io lo so, e penso anche lei. Ma ora è presto per dirlo».

Fa bene l'Europa spaventata dai tanti focolai di guerra a pensare ad un esercito europeo?
«Io ho 72 anni, ho avuto una vita molto agitata, piena di fatti, ora mi sono ritirato dal contesto attivo per scrivere, ho una biblioteca, una barca a vela con cui navigo sul Mediterraneo e ritengo la mia vita risolta (non finita, sia ben chiaro!): e del futuro non me ne frega niente».

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