Domenico Starnone, Il vecchio al mare: il balcone della vecchiaia che dà un senso alla vita

L'uomo che afferma di essere Nicola Gamurra ha lo stesso nome e cognome dell'ambizioso esordiente che lo scrittore maturo incontra in Labilità, il romanzo di Starnone del 2005

Domenico Starnone
Domenico Starnone
di Generoso Picone
Martedì 19 Marzo 2024, 07:00 - Ultimo agg. 20 Marzo, 06:39
5 Minuti di Lettura

Che cosa sarà mai quella figurina dai contorni d'oro, «minuscolo vivo capriccio di fil di rame», non un corpo, non una piroetta di polvere, non un guizzo di luce ma «una presenza che è corsa lungo il legno del gradino e si è infilata nella sabbia poco più avanti»? L'uomo con il borsone a tracolla e la sedia pieghevole in spalla - dev'essere la stessa che, montata sulla riva e rivolta all'orizzonte del mare, appare nella bellissima fotografia di Mimmo Jodice - prova a inseguirla. Ma invano: ha movimenti lenti, troppo stanchi e legnosi. Allora prova a fissarla nella scrittura: «So esattamente che cos'è, e forse ne conosco il nome anche se ancora non ce l'ha». Qualche giorno più avanti, sofferente a causa di una spina ficcata nel tallone il cui dolore si è aggiunto all'altro dell'unghia nera al dito del piede, gli sembra di aver trovato le parole per trattenere l'immagine. «La cosa scrivo che per comodità ho chiamato figurina è uscita dal di dentro del mio corpo, sgusciando via attraverso lo scollamento dell'unghia, come i topi opportunisti quando abbandonano la nave che affonda».

La trama della storia che Domenico Starnone racconta in Il vecchio al mare, il suo nuovo romanzo (Einaudi, pagine 122, euro 17), potrebbe racchiudersi in queste due sequenze con l'uomo in spiaggia.

Lui dichiara di chiamarsi Nicola Gamurra, ha 82 anni e alle spalle un'esistenza decisamente movimentata, ex consigliere di Corte d'Appello, da 12 anni è in pensione ed è stato pure giudice nelle trasmissioni televisive del pomeriggio, in gioventù l'ha animato l'ansia sovversiva di voler cambiare il mondo, da 50 anni è autore di romanzi e racconti e da 60 si trova immerso in un vortice scandito dalla presenza di tre compagne, quattro figlie e sei nipoti: comunque una vita che si sente di dire «sempre insufficiente». 

La trama 

Con la sua sedia, il cappello, I lavoratori del mare di Victor Hugo da leggere, una matita e il taccuino per prendere appunti e cancellarli puntualmente con una gomma, staziona davanti al mare. Osserva, riflette, scrive: scrivere bene per lui è «trovare le parole giuste per dare un senso a ciò che mentre vivi viene giù a vanvera» e la condizione in cui lui si trova è quella affacciata «sul balcone dell'insignificanza», quando si ha la sensazione che «tutto si sta sgangherando, il corpo, il mondo, cielo e terra» e si scivola verso uno stato di «terremotizio», il cedimento della consapevolezza, lo «scucimento del consueto». Il tempo segnato dalla fuga della figurina d'oro dal corpo, dallo sguardo che si rivolge al tutto e al nulla, dall'attesa - è il titolo della raccolta da cui è tratta la fotografia di Mimmo Jodice che illustra come una perfetta soglia testuale la copertina del libro - di qualcuno o qualcosa. La vecchiaia, insomma.

Il confronto 

L'uomo che afferma di essere Nicola Gamurra ha lo stesso nome e cognome dell'ambizioso esordiente che lo scrittore maturo incontra in Labilità, il romanzo di Starnone del 2005. Allora lui ebbe a spiegare che «il lavoro del vecchio scrittore è ritrovare il bambino che è stato. Con pena, con febbre. Però deve farlo. Siamo tutti bambini con la barba lunga». Qui, Gamurra nello slittamento dei ruoli che la parabola cronologico decreta è immerso nell'atmosfera sfumata dei ricordi e della finzione, dell'elaborazione di un passato dove dominano i profili prepotentemente emersi nello spazio familiare e sentimentale di Via Gemito: la gelosia di Federì, il padre artista-ferroviere, verso Rusinè, la madre sarta, bella e paziente che prega il suo San Ciro per poter alleviare la rabbia di possesso del marito comunque amato. Rusinè - «Rusinè sei vanesia, vanesia, vanesia» è la protagonista di quel romanzo ora candidato all'International Booker Prize nella traduzione in inglese The house on via Gemito firmata da Oonagh Stransky e in fondo anche di questo Il vecchio al mare.

È suo il corpo che Nicola vede nei contorni giovani di Lu, la ventenne incrociata in spiaggia, e riveste con i migliori abiti del negozio, la butik, di Evelina: li compra per la madre che non c'è più e le regala a lei. «Ero ammaliato dalla sua vanità, la tiravo via dalla voce di mio padre che la guastava, continuo a tirarla via anche se è ombra di ombra di ombra». Si tratta del tentativo estremo e commovente di ricongiungersi alla figura di Rusinè, alla sua bellezza prepotente, alla sua eleganza aristocratica. La compagnia di donne, punteggiata dalla presenza di uomini fascinosi e cialtroni magari come Federì, va a posizionarsi sulla scena del teatro simbolico allestito nella piccola cittadina di mare dove si è ritirato e sul cui palco si rappresenta la commedia, forse il dramma, della memoria: reale, inventata, recuperata, costruita. Labile. Se i corpi sono destinati a svaporare e le possibilità a disperdersi, «almeno per ora non è quello che sta accadendo a Lu». Tanto che a lei Nicola affida la domanda di senso che deve muovere anche i guizzi della figurina dai contorni d'oro: «Quando si definisce e di desiderare?». La vecchiaia, il tempo ultima della vita, in fondo arriva all'altezza di questa risposta. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA