Ruggero Cappuccio e La principessa di Lampedusa: ultimo ballo sotto le bombe

Il ritorno di Beatrice Mastrogiovanni Tasca Filangeri di Cutò nel palazzo Lampedusa

Ruggero Cappuccio
Ruggero Cappuccio
di Generoso Picone
Lunedì 18 Marzo 2024, 07:00 - Ultimo agg. 19 Marzo, 07:36
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Bella di una bellezza antica e altera, Beatrice dietro la veletta del cappello conserva lo sguardo da giovane sognatrice ed eterna ribella che dissimula i suoi sfrontati 73 anni. Scende dalla carrozza e con surreale eleganza attraversa le strade di una Palermo straziata dai bombardamenti americani, il passo fermo e deciso di chi ha saputo percorrere i sentieri più impervi. Il 9 maggio 1943 la città è avvolta in nuvole di fumo nero e conta i suoi morti, i superstiti scavano tra macerie che dirà lei raccontano crolli interiori. È tornata dal riparo di Capo d'Orlando per riprendere possesso della parte di sé che aveva dovuto lasciare, il palazzo che chiama semplicemente la casa, carne della sua carne, memoria della sua memoria. Il palazzo Lampedusa dove Beatrice - la Principessa Beatrice Mastrogiovanni Tasca Filangeri di Cutò anche Tomasi di Lampedusa dopo il matrimonio con Giulio, di cui è vedova - ora fa l'inventario dei danni. «L'oltraggio a una casa ha la stessa misura inumana di uno sfregio contro un animale indifeso», pensa mentre osserva la vetrata della porta: qui ha resistito l'incisione dello stemma di famiglia, l'ovale satinato con dentro un leopardo danzante. «'U Gattupardu», lo chiamavano i contadini. «Il Gattopardo», come il titolo del libro che il figlio Giuseppe avrebbe scritto.

La figura di Beatrice emerge dalle pagine di La principessa di Lampedusa, il nuovo romanzo di Ruggero Cappuccio (Feltrinelli, pagine 366, euro 19: giovedì 21 alle 18,30 la presentazione a Napoli, teatro Sannazzaro, con letture di Enzo De Caro, Gea Martire, Claudio Di Palma e Simona Fredella condotte da Antonella Ippolito), nei tratti della protagonista assoluta di una vicenda che supera l'arco della sua biografia morirà tre anni dopo - per restituire il senso delle verità più profonde che regolano la traiettoria degli eventi: la tragedia a cui Elsa Morante ha dato il nome di Storia e che qui si conforma nel disincanto di un giro di valzer.

Fedele a un'idea di letteratura che accerti «la dimostrazione scientifica di fatti mai accaduti», Cappuccio scandaglia la bellezza che abita gli abissi dei misteri e restituisce il personaggio in una dimensione quasi leggendaria e comunque poco distante da quella reale di una vita ricca e complessa, di drammi familiari e di passioni travolgenti.

Reinsediatasi nel suo palazzo, Beatrice ne rimette insieme i frammenti e intesse un rapporto di filiazione autentica, di protezione fisica e di magistero etico con Eugenia, la ragazza poco più che ventenne dei dirimpettai Bonanno. Senza la sua presenza, la giovane sarebbe vittima dei progetti approntati dal padre avvocato in combutta con l'affarista Guerrera. Un matrimonio combinato, l'acquisizione speculativa, l'assalto a quel che resta e a ciò che sarà di Palermo, la quintessenza del potere mafioso. Perché lo scenario in cui si svolge la trama di La principessa di Lampedusa vede avverarsi il monito presago consegnato in Il Gattopardo da don Fabrizio Corbera, il principe di Salina: «Noi fummo i Gattopardi, i Leoni; quelli che ci sostituiranno saranno gli sciacalletti, le iene; e tutti quanti Gattopardi, sciacalli e pecore continueremo a crederci il sale della terra». È il tempo nuovo che arriva: «Sarà dei rigattieri fallattutti, dei fichidindiari che rubano il frutto con tutta la foglia».

La lezione che Beatrice impartisce a Eugenia è quella del coraggio nelle proprie azioni e della ricerca dell'essenzialità pura. Rappresenta il meglio del lascito di una dinastia che incrocia le traiettorie dei Lampedusa e dei Filangieri: viene da un albero genealogico alla cui origine ci sarà avvertiva Honoré de Balzac sempre un delitto, ma che continua a risaltare nell'icona del Gattopardo con la zampa destra sollevata «perché il felino giura di battersi per una missione». Impone di conferire un significato non effimero ai giorni, nell'aperto di una natura alla Rilke, nella legge morale del cielo luminoso di Kant. Beatrice è la stella primaria, Eugenia la compagna secondaria, per usare l'impianto della tesi di laurea in Fisica che la ragazza discuterà all'università di Napoli il padre l'aveva impedito - diventando poi una scienziata di successo.

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Beatrice vede in Eugenia se stessa da giovane e l'immagine riflessa stimola la sfida. «Se i rumori, come dice mio figlio, annunciano la fine di un tempo, è giusto che io finisca con l'unico tempo che mi riguarda». Assieme a Eugenia e alla compagnia di sommersi e salvati raccolta tra i ruderi della città distrutta, organizza una grande festa invitando i nobili su piazza, un ultimo grande ricevimento danzante perché la vita è danza e soltanto l'arte può opporsi all'orrore della guerra. Un ultimo ballo sotto le bombe sulle note del «Faust» di Gounod è una sequenza cinematografica che rimanda a quella epica del film che Luchino Visconti trasse da Il Gattopardo, il romanzo che Beatrice raccomanda al figlio Giuseppe di scrivere. Lei aveva incompiuto il progetto di un testo intitolato L'eclisse. «Noi non siamo in ciò che siamo, siamo solo in ciò che ci manca... Dopo tutto, nella nostra vita, la cosa più facile è morire...», iniziava così. 

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