Assegno unico, l'Ue invia lettera d'infrazione all'Italia: il nodo residenza, cosa significa (e cosa potrebbe cambiare)

Secondo la Commissione, «la legislazione viola il diritto dell'Ue in quanto non tratta i cittadini europei in modo equo, il che si qualifica come discriminazione»

Assegno unico, l'Ue invia lettera d'infrazione all'Italia: il nodo residenza, cosa significa (e cosa potrebbe cambiare)
Assegno unico, l'Ue invia lettera d'infrazione all'Italia: il nodo residenza, cosa significa (e cosa potrebbe cambiare)
Giovedì 16 Novembre 2023, 18:48 - Ultimo agg. 18 Novembre, 09:24
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La Commissione Ue ha inviato al governo italiano la lettera con parere motivato che contesta l'assegno unico introdotto nel marzo dell'anno scorso. L'invio della missiva comporta un avanzamento della procedura di infrazione nei confronti di Roma. Secondo la Commissione, «la legislazione viola il diritto dell'Ue in quanto non tratta i cittadini europei in modo equo, il che si qualifica come discriminazione».

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Assegno unico, il dettaglio della lettera

Spiega nel dettaglio la Commissione di aver deciso di inviare il parere motivato all'Italia sull'assegno unico e universale per i figli a carico, introdotto nel marzo 2022, per il mancato rispetto delle norme dell'Ue in materia di coordinamento della sicurezza sociale e di libera circolazione dei lavoratori.

Cosa significa

Possono beneficiarne solo coloro che risiedono per almeno due anni in Italia, e solo se vivono nello stesso nucleo familiare dei figli.

Secondo il parere dell'esecutivo comunitario questa normativa viola il diritto dell'Ue, in quanto non tratta i cittadini dell'Unione in modo equo, e pertanto si qualifica come discriminazione. Il regolamento sul coordinamento della sicurezza sociale, ricorda la Commissione, vieta inoltre qualsiasi requisito di residenza ai fini della percezione di prestazioni di sicurezza sociale, quali gli assegni familiari.

Cosa cambia ora

Bruxelles aveva inviato a febbraio 2023 una lettera di costituzione in mora, cui l'Italia ha risposto a giugno. L'esecutivo comunitario spiega ora di ritenere che «la risposta non affronti in modo soddisfacente i suoi rilievi». L'Italia ha due mesi per rispondere e adottare le misure necessarie, trascorsi i quali la Commissione potrà decidere di deferire il caso alla Corte di giustizia dell'Ue.

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