Napoli, nel rifugio dimenticato
spuntano le mura greche

Napoli, nel rifugio dimenticato spuntano le mura greche
di Paolo Barbuto
Mercoledì 4 Gennaio 2017, 09:40 - Ultimo agg. 10:40
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Via D'Alagno, cuore della Napoli storica. Alle spalle della malridotta chiesa neogotica, all'angolo con Piazzetta del Grande Archivio, c'è un palazzo che custodisce un segreto antico e sconosciuto. All'interno del piccolo rifugio di guerra che era al servizio dell'edificio ci sono i resti di antiche mura della città, probabilmente risalenti all'epoca greca. Sono state ritrovate qualche giorno fa in seguito all'esplorazione che è scaturita dopo l'inizio dei lavori di restauro alla chiesa vicina. Cercando di capire quanto fosse estesa la base dell'edificio sacro e quali fossero i collegamenti con i luoghi circostanti, proprio noi del Mattino ci siamo avventurati negli edifici vicini. È stata un'anziana donna che vive al numero 30 di via D'Alagno a dare l'indizio decisivo: «Durante la guerra andavamo a rifugiarci lì sotto, scendendo scale strette».

ll video di Gennaro Palumbo



Il luogo indicato dalla donna, protetto da una porticina di legno, ha svelato il nuovo tesoro nascosto della città: in mezzo a cumuli di pattume e resti di lavori edili ci sono i blocchi che probabilmente appartengono alle antiche mura della città. Già venti anni fa, nel corso di uno scavo effettuato proprio in quella strada per la posa di cavi telefonici, vennero alla luce altri reperti antichi. La scoperta di quella porzione di mura, che secondo gli esperti dell'epoca risalivano al IV secolo avanti Cristo e sembravano la prosecuzione delle fortificazioni già ritrovate a San Marcellino, venne salutata con entusiasmo dalla comunità scientifica e aprì nuove strade agli studi sul percorso delle mura di protezione della città sul fronte portuale. A fare da guida nel buio del rifugio di guerra lo speleologo Luca Cuttitta: ha dedicato una intera vita all'esplorazione del sottosuolo napoletano e continua a percorrerlo alla ricerca dei segreti che la città deve ancora svelare; nel gruppo alla ricerca di evidenze storiche anche Giuseppe Serroni della Onlus «Sedili di Napoli» che ha ottenuto l'affidamento della chiesa di Santa Maria Stella Maris e che ne sta coraggiosamente curando il restauro. Il racconto del viaggio nel buio è identico a quello che vi abbiamo proposto decine di altre volte: degrado, immondizia, abbandono.
 
 


Sottoterra i napoletani, soprattutto nel dopoguerra, hanno gettato di tutto, a partire dai rifiuti dei lavori edili per arrivare al mobilio e perfino ai vecchi giocattoli dei bambini. E in mezzo al pattume spuntano gli antichi blocchi delle fortificazioni di Neapolis. Alcuni sono ancora al loro posto, gli uni sugli altri, così come erano stati progettati e costruiti; altri, purtroppo, sono stati divelti, probabilmente durante i lavori di costruzione del palazzo sovrastante e sono stati gettati al centro dell' ipogeo, scheggiati, spaccati, ridotti a pietre abbandonate. Al di sopra delle strutture più antiche si riconoscono tracce di superfetazioni successive. Solo gli esperti potranno dire con precisione di cosa si tratta: anche perché quell'area è stata al centro della vita della città dalla fondazione fino a oggi ed ha vissuto, soprattutto in epoca Medievale, una grande rivisitazione, prima dello scempio del risanamento che ha cancellato molte tracce della vita antica di Napoli.

Quel luogo, riportato in vita dalla luce delle torce per qualche ora, è tornato al buio e al silenzio.
La porticina all'interno del palazzo è stata chiusa e ora spetterà agli esperti decidere cosa fare, se e come valorizzare quel piccolo tesoro sommerso dall'immondizia e sfregiato dal degrado. Probabilmente resterà nell'ombra ancora per decine di anni: Napoli è fin troppo ricca di archeologia, quelle pietre abbandonate potrebbero non essere considerate interessanti. Anche se noi ci auguriamo una conclusione diversa per questa storia.


 

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