Napoli, spacciatrice a 17 anni
giro di consegne con la sorellina

Napoli, spacciatrice a 17 anni giro di consegne con la sorellina
di Nico Falco
Giovedì 23 Febbraio 2017, 09:09
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Diciassette anni, lunghi capelli castani che scendono sulle spalle, occhi leggermente a mandorla. Valentina, nome di fantasia, la vedevano spesso schizzare sul motorino tra i vicoli di Santa Lucia, qualche volta scarrozzandosi, aggrappata alla sella, la sorellina più piccola, di soli 7 anni. E l'hanno osservata anche i carabinieri che all'alba di ieri sono andati ad arrestarla. Affronterà il processo con un'accusa pesante e quasi inedita per una ragazza della sua età: associazione finalizzata al traffico di stupefacenti. Storie di un ventre di Napoli dove, in certi quartieri, si cresce troppo presto e nel modo sbagliato. Specialmente quando uno zio è il boss di un clan di camorra, madre e fratelli sono bene inseriti nel circuito criminale.

Una questione ambientale, sia geografica sia di contesto, in cui certi cognomi sono come un marchio per chi decide di allontanarsi e uno status symbol per chi, invece, vuole restare. E la famiglia di Valentina aveva fatto la seconda scelta. Lei stessa, secondo gli inquirenti, non si limitava a partecipare alla vendita di droga, non si occupava soltanto della consegna o di urlare una parola in codice quando una sirena lampeggiava troppo vicino. La piazza di spaccio funzionava come un meccanismo composto da tanti ingranaggi, in cui era inserita anche la sorellina più piccola, che mentre confezionava le dosi si lamentava dell'eterno odore di acetone con quell'ingenuità che mantiene una bambina di sette anni anche mentre imbusta la droga da vendere.

A Valentina, invece, gli elementi raccolti delle forze dell'ordine affibbiano un ruolo diverso: inserita a pieno titolo nella attività familiare, prendeva parte a tutti gli aspetti. Era un ingranaggio importante di quella macchina da soldi che trasformava, cliente dopo cliente, i carichi di stupefacenti in mucchi di banconote. Anche lei è incappata nelle indagini dei carabinieri della compagnia Centro, guidati dal comandante Michele Centola, che hanno studiato nei dettagli l'organizzazione del clan egemone nella zona del Pallonetto Santa Lucia, smantellando un'organizzazione che aveva messo le mani anche su Monte di Dio e su una parte del lungomare Caracciolo dividendosi tra estorsioni, furti, rapine e, ovviamente, lo spaccio di stupefacenti.

Un clan che, hanno dimostrato le indagini, non si faceva scrupolo di usare i ragazzini per le proprie attività: una ragazza poteva diventare un corriere della droga, le mani di una bimba erano già buone per preparare le dosi, un paio di giovani potevano occuparsi senza problemi di far rispettare gli ordini dei boss. Bastavano uno scooter, qualche bustina facile da sigillare, una bottiglia di benzina o una pistola e si poteva procedere con l'arruolamento. Ieri all'alba è scattata l'ultima parte dell'operazione dei militari, che in tre fasi hanno disarticolato il clan: la prima, il 17 gennaio, è il blitz che ha portato a 45 misure cautelari; qualche giorno dopo, la sospensione della potestà genitoriale per i genitori dei minorenni coinvolti: sei ragazzini in età non imputabile, al di sotto dei 14 anni, 5 legati da vincoli stretti di parentela con personaggi del clan e l'ultimo figlio di una donna che, in appalto e con il placet dell'organizzazione, gestiva una delle piazze di spaccio; terza fase, quella di ieri, le misure verso altri due minorenni: la diciassettenne e un ragazzo accusato di un atto intimidatorio nei confronti di una «spacciatrice insolvente».

Quando i carabinieri sono andati a prenderla, Valentina ha tentato la fuga. I militari lo avevano previsto e avevano già circondato l'edificio ma lei ci ha provato lo stesso: è fuggita sul balcone, ha scavalcato le ringhiere e si è infilata in un appartamento disabitato. Ha aspettato, nascosta, sperando che i carabinieri andassero via, ma probabilmente sapeva che si trattava di una questione di tempo, che soltanto una manciata di ore la separavano ormai dal carcere minorile di Nisida. L'altro destinatario della misura cautelare è Simone Rizzo, 18 anni compiuti a maggio scorso. È accusato di aver bruciato, per ordine del clan e insieme ad altre persone arrestate nel blitz di gennaio, lo scooter di una donna che si era rifiutata di pagare il pizzo settimanale.

Un raid risalente al luglio 2015, ripreso dalle telecamere dei carabinieri: nelle immagini si vede il ragazzo, allora minorenne, che fa da palo mentre un altro giovane ruba il motorino; il mezzo venne ritrovato il giorno dopo, completamente distrutto dalle fiamme, tra via Solitari e via Pallonetto. A Rizzo il provvedimento è stato notificato nel carcere di Poggioreale, dove è detenuto per un altro episodio. Era stato arrestato a novembre, accusato della una «stesa» del 7 settembre in via Toledo insieme al cugino di 23 anni, avvenuta davanti a cittadini, turisti e a un gruppetto di amici, questi ultimi chiamati a raccolta per assistere. Nessun legame con le dinamiche di camorra: erano bastati parentele «importanti», la consapevolezza di essere già inseriti nelle logiche del clan, una pistola e la voglia di sbruffoneggiare.