Ascierto: vaccino contro il cancro
non preventivo, risultati preliminari

Ascierto: vaccino contro il cancro non preventivo, risultati preliminari
di Maria Pirro
Giovedì 2 Giugno 2016, 13:05 - Ultimo agg. 4 Giugno, 08:23
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«É presto per parlare di un vaccino universale contro il cancro: i risultati della sperimentazione, avviata dall'Università Gutenberg, in Germania, sono interessanti, ma ancora molto preliminari», dice Paolo Ascierto, direttore della divisione di Immunoterapia oncologica e terapie innovative all'istituto tumori Pascale di Napoli, in partenza per gli Stati Uniti. È diretto a Chicago: al congresso mondiale Asco (da domani al 7 giugno) l'oncologo è chiamato a moderare la sessione sul melanoma. Ed è l'unico italiano ad aver avuto questo ruolo di primo piano a livello internazionale.

Su Nature è spiegato che il vaccino tedesco avrebbe già dato risposte positive nel sistema immunitario dei topi e ora è testato su tre pazienti in stadio avanzato di melanoma. Al di là dei tecnicismi, che significa?

«Che le buone notizie per ora sono soprattutto per i topi. Di certo, la ricerca d'avanguardia ha portato a risultati effettivi sugli animali; mentre quelli per gli ammalati vanno confermati su un ampio campione di pazienti».

Quanto ampio deve essere il campione per considerare affidabile i risultati di uno studio clinico?

«Occorrono studi di fase 1 (sulla tossicità) e fase 2 (sulla efficacia) su decine di pazienti».

Dopo quanto tempo, dalla somministrazione del farmaco, si può parlare di guarigione?

«La sopravvivenza si valuta nel corso degli anni, pochi mesi non bastano per trarre conclusioni».

Perché tanta cautela?

«In passato ci sono stati tanti studi pre-clinici, quindi sui topi, che hanno dato risultati eccezionali poi non confermati nella loro efficacia dagli studi sull'uomo. Come il CancerVax, per il melanoma, il cosiddetto vaccino di Morton: l'istituto Pascale dieci anni fa è stato il centro che nel mondo ha trattato più pazienti. Ma i risultati sono stati negativi: è giusto non creare false aspettative. Inoltre va fatta una precisazione».

Quale?

«Quello appena sperimentato in Germania è un vaccino terapeutico, non preventivo. Ciò significa che può essere adatto per persone già colpite dalla neoplasia. La stessa definizione di vaccino è in qualche modo impropria».

Allora perché parlare di vaccino?

«Perché il trattamento sfrutta il principio alla base del vaccino, ovvero crea una risposta immunitaria specifica verso gli antigeni. Solo che per l'influenza si neutralizzano i virus prima della malattia, in questo si stimolano le difese dell'organismo dopo la diagnosi».

L'unico vaccino anti-cancro preventivo resta quello contro il papilloma virus, al centro peraltro di polemiche.

«Anche per questo farmaco avremo i dati consolidati sull'efficacia solo tra diversi anni».

Perché partire dal melanoma nella ricerca di un vaccino universale contro il cancro?

«Tra tutti i tumori, il melanoma è quello maggiormente immuno-sensibile, cioè le difese dell'organismo hanno un ruolo importante».

In che modo?

«Si è osservato che si possono avere regressioni spontanee della malattia, seppure raramente. Per questo, proprio dal melanoma è iniziata l'esperienza dell'immunoterapia moderna che ha già portato a una rivoluzione nei trattamenti clinici».

In che cosa consistono le nuove cure già disponibili?

«Queste terapie agiscono rimuovendo due freni che limitano l'attività del sistema immunitario e quindi rallenta la crescita delle cellule cancerose: uno è il CTLA-4, verso cui è diretto l'ipilimumab; l'altro è il PD-1, verso cui sono diretto il nivolumab e il pembrolizumab».

Risultati?

«In particolare, l'ipilimumab è risultato in grado di cronicizzare, e quindi guarire, il 20 per cento dei pazienti inseriti nella sperimentazione: e questo dato è consolidato perché verificato a distanza di dieci anni dal primo ciclo di terapia».

Il farmaco viene assunto per sempre?

«No, bastano 4 cicli (endovena, ogni 3 settimane) per tenere a bada la malattia o anche per farla regredire, come per l'epatite. Ma, per gli altri farmaci, più potenti e con meno effetti collaterali, da dicembre entrati nel prontuario del servizio sanitario nazionale, la cura al momento viene ripetuta ogni 15 giorni».

Per quali altri tipi di tumori si utilizza l'immunoterapia?

«Il nivolumab per il cancro al polmone e, presto, anche per il cancro al rene, testa collo e linfoma di Hodgkin. Per la neoplasia alla vescica immunoterapici analoghi sono in via di validazione da parte di Fda, l'ente statunitense di controllo. Durante l'anno, ulteriori novità sono annunciate per i tumori gastro-intestinali e le cellule di Merkel».

Tutto questo mal si concilia con i costi a carico del sistema sanitario.

«Proprio ieri abbiamo avuto un incontro in Regione Campania su questo aspetto. In futuro, sarebbe utile individuare un bio-marcatore per dare il farmaco solo a quei pazienti che davvero rispondono alla terapia».

Quali sono le sperimentazioni in corso al Pascale?

«Almeno 40 solo per l'immunoterapia, per le varie patologie. Personalmente, seguo oltre 250 pazienti».

Si tenta anche la combinazione di più farmaci?

«Sì, i due immunoterapici combinati danno migliori risultati nella cura del melanoma».

Tuttavia, la metà degli ammalati nella sperimentazione pilota inglese ha manifestato gravi effetti collaterali.

«È vero, ma siamo esperti nel maneggiare questi farmaci: il Pascale è tra i pochi centri al mondo che difatti sta portando avanti la sperimentazione per il melanoma ma anche per il microcitoma polmonare, i tumori gastrici e dell'ovaio, in collaborazione con il dottore Sandro Pignata».

Come gli scienziati tedeschi, ritiene che un vaccino universale contro il cancro possa funzionare?

«In futuro, se si arriverà effettivamente a un vaccino terapeutico anticancro, questo potrà essere utilizzato in affiancamento alle potenti armi di immunoterapia che già stiamo utilizzando, per avere una risposta ancora maggiore in termini di efficacia».