Caso Dj Fabo, l'associazione Il Nodo: occorre un'assistenza specialistica multidisciplinare

Mercoledì 1 Marzo 2017, 17:02
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L'Associazione Il Nodo ha come finalità la tutela di coloro che non possono giovarsi di cure destinate alla guarigione, ovvero le persone che necessitano di cure palliative e di terapia del dolore connesse alle malattie neoplastiche e a patologie croniche e degenerative, al fine di lenire le loro sofferenze e per assicurare a loro il diritto a ricevere una assistenza continuativa in ambiente ospedaliero ed al proprio domicilio. Per garantire loro un ambiente più solidale in modo da evitare l’isolamento e l’emarginazione dal punto di vista terapeutico, assistenziale, psicologico e morale.

Scrive il Presidente, Dr. Vincenzo Andreoli: «Abbiamo ovviamente seguito la triste vicenda del DJ Fabo e la sua scelta di morire presso la clinica Dignitas, in Svizzera. Naturalmente l'eutanasia e la regolamentazione del fine vita non sono materie di specifico interesse della nostra Associazione. Leggendo con attenzione una delle brochure informative della stessa clinica viene evidenziato un dato raccapricciante. Che molti italiani che si rivolgono alla suddetta clinica lo fanno perché è per loro ormai intollerabile sopportare il dolore e le condizioni inaccettabili di sopravvivenza. La stessa clinica svizzera, va detto, in modo encomiabile, non procede direttamente al suicidio assistito dopo la richiesta del paziente, ma, in molti casi, offre una consulenza, si legge, con uno specialista in terapia del dolore e cure palliative, per riesaminare i protocolli seguiti. In un numero molto significativo di casi, sembra ben documentati, ricevendo una adeguata terapia per il dolore ed una assistenza appropriata i pazienti desistono dal proposito di porre termine alla propria vita, semplicemente perché riescono a porre termine alle proprie sofferenze. Questo naturalmente può avvenire solo con un'assistenza specialistica multidisciplinare, che in Italia, drammaticamente, è affidata ad una rete territoriale evidentemente inadeguata, oppure, tragicamente nella maggioranza dei casi, a terapie domiciliari che realizzano, in aggiunta alla malattia del paziente, difficoltà disumane per le famiglie su cui ricadono insostenibili responsabilità. La terapia del dolore e le cure palliative trovano la loro naturale collocazione in ambiente ospedaliero. Una mancata scelta del legislatore in questa direzione è responsabile anche di decisioni affrettate e premature di porre termine alla propria vita, peggio ancora recandosi in altri Stati e non incontrando sempre comportamenti etici come quelli evidenziati dalla suddetta clinica. Questa è la nostra battaglia. Solo aprire meglio gli occhi su una simile situazione salverebbe molte vite».

 
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