Caso Consip, agli atti l'incubo di Romeo di essere accerchiato e isolato

Caso Consip, agli atti l'incubo di Romeo di essere accerchiato e isolato
di Leandro Del Gaudio
Lunedì 7 Agosto 2017, 12:00
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Nei loro dialoghi «fluviali», il chiodo fisso era sempre lo stesso: «Il cartello». Alfredo Romeo se lo sentiva ripetere di continuo dal proprio consulente di fiducia Italo Bocchino, in quelle interminabili ore di lavoro negli uffici romani della Romeo gestione. E anche quando l'imprenditore napoletano incontrava altri soggetti diventati poi famosi per i lettori delle carte dell'inchiesta Consip, la storia dei presunti cartelli e dei giochi ad esclusione faceva sempre incursione. Una sorta di ossessione, per l'imprenditore che oggi deve difendersi dall'accusa di aver girato centomila euro di «dazioni di denaro» all'ex funzionario della Consip Marco Gasparri. Vuoi che nel suo ufficio entrava l'«omino», al secolo Carlo Russo amico di Tiziano Renzi, vuoi invece che nel suo studio si presentasse lo stesso Marco Gasparri, il chiodo fisso batteva sempre sullo stesso punto: la strategia di Cofely, di Manutencoop e di altri gruppi che si mettevano a fare cartello. Per non parlare poi dei riferimenti a voce alta - ovviamente senza immaginare di essere intercettato - sui presunti sponsor politici in campo per arpionare questo o quell'appalto bandito dalla Consip. Riferimenti a Denis Verdini e a Paolo Berlusconi (ovviamente estranei alle indagini che hanno riguardato la principale stazione appaltante dello Stato, ndr), ma anche a non meglio precisati esponenti del centrosinistra, quasi come se all'ombra del colosso di Stato fosse stato realizzato una sorta di patto del Nazareno per la «migliore offerta», o meglio, per veicolare le gare al cartello meglio rappresentato da un punto di vista politico. 

Ma torniamo al ragionamento tra Romeo e Bocchino, a proposito della Consip. 

È il 19 gennaio del 2016, in un periodo in cui nulla lasciava presagire la tempesta giudiziaria e mediatica che si sarebbe abbattuta su Alfredo Romeo, ma anche sugli uffici di via Isonzo a Roma.

Ovviamente i due interlocutori non sanno di essere sotto ascolto, non possono immaginare che c'è un «trojan», un virus spia che consente alla Procura di Napoli di captare queste ed altre conversazioni.

Ed è a questo punto che Bocchino offre la sua ricostruzione sulla Consip, che è poi il target dell'ultima inchiesta condotta dalla Procura di Napoli in materia di appalti e di corruzione.

In sintesi, ci sarebbe una volontà politica di favorire le cooperative per l'assegnazione degli appalti che, non a caso, vengono smembrati in lotti sempre più piccoli per poter gratificare più interlocutori. A che scopo? Controllare il voto, dal momento che le coop hanno le proprie maestranze irregimentate e facilmente controllabili sotto il profilo clientelare e elettorale.

Spiega l'ex parlamentare: «Perché un politico può venire da te a chiederti sessantamila euro che ti ha chiesto Renzi (riferimento a una donazione in chiaro fatta da Romeo alla fondazione riconducibile a Renzi), ma i mille pulitori sul territorio sono mille persone che danno cinquemila euro ciascuno... sono mille persone che fanno un'assunzione ciascuno... sono mille persone che quando voti si chiamano i dipendenti... tu, invece, i tuoi dipendenti neanche sai chi sono... non te li puoi chiamare per dire votate Tizio, Caio o Sempronio nel tuo modello... no? Il pulitore che c'ha cento dipendenti, quello si chiama le cento famiglie e dice, senti... dobbiamo votare questo per questa ragione... quindi secondo me c'è una scelta politica».

Detto ciò, proprio per scongiurare presunti accordi sotto banco, che Romeo si è attrezzato, scrivendo sia alla Consip, sia all'Anac di Raffaele Cantone, sia all'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Lettere che puntavano a mettere il dito su presunti accordi spartitori, di cui si è sempre detto vittima. In sintesi, i legali di Romeo lamentavano il rischio di un accordo che avrebbe condizionato lo svolgimento della gara per l'affidamento del servizio luce e dei servizi connessi per le pubbliche amministrazioni. Ecco cosa si legge nella mail spedita all'Anac qualche mese fa: «Con tali aggiudicazioni, relative ai cinque lotti più grandi in gara per dimensione economica, un unico centro imprenditoriale si assicura il 76 per cento del complesso delle attività poste in gara a livello nazionale». E non è finita. Da alcuni mesi gli «007» del'Anac erano interessati a verificare se nella gara Fm4 (l'appalto più importante d'Europa per finanziamento pubblico in campo) fosse entrato in gioco il metodo della «desistenza competitiva», in relazione alla partecipazione di aziende inserite in raggruppamenti temporanei di imprese. Aziende che entrano ed escono dall'orbita, in relazione alla convenienza del momento, secondo strategie di mercato che ora tocca agli inquirenti mettere a fuoco. Facile immaginare infatti che a partire da questo momento gli inquirenti romani prendano le mosse sulle strategie messe in campo da aziende unite negli stessi cartelli societari: mail e verbali di sedute operative per mettere a fuoco cosa spinge dei colossi del settore a passare - nel corso della stessa partita - dal catenaccio alla desistenza competitiva. 

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