Napoli. Omicidio al «Bronx», caccia aperta a due giovanissimi

Napoli. Omicidio al «Bronx», caccia aperta a due giovanissimi
di Giuseppe Crimaldi
Sabato 27 Febbraio 2016, 09:55 - Ultimo agg. 13:09
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Fuggono dalla legge e da una verità inconfessabile. Braccati da polizia e carabinieri, Gaetano Formicola e Giovanni Tabasco sono formalmente indiziati dell'omicidio di Vincenzo Amendola, il 18enne del Bronx di San Giovanni a Teduccio brutalmente assassinato la notte del 4 febbraio scorso in una campagna della periferia orientale di Napoli. Nei loro confronti il giudice per le indagini preliminari ha emesso un'ordinanza di custodia cautelare in carcere, che va ad aggiungersi al provvedimento preso nei confronti di Gaetano Nunziato, l'amico che li ha tirati in ballo pentendosi e raccontando gli orrori di quella notte di tradimento e sangue.Formalmente irreperibili, i due pregiudicati - Formicola e Tabasco - hanno fatto perdere le loro tracce da venerdì scorso, giorno in cui il loro amico Nunziato iniziò a collaborare con la giustizia fornendo agli investigatori non solo le coordinate del luogo in cui era stato seppellito il povero Amendola, ma anche i particolari di un agguato ormai chiaramente premeditato e predisposto nei minimi particolari.Ma chi sono i due giovanissimi fuggitivi?

Gaetano è il figlio di Antonio Formicola, boss del «Bronx», attualmente in carcere; Giovanni Tabasco - detto «Birillo» - è suo cugino. Entrambi organici alla cosca che controlla le attività criminali di Taverna del Ferro, dove ancor oggi la camorra tiene sotto scacco i poveri commercianti ambulanti che tengono una volta a settimana il mercatino rionale e gestisce il traffico di stupefacenti. Ragazzi cresciuti a pane e violenza, sotto la cattiva stella di una scuola chiamata strada. Di certo c'è un punto: dalle indagini coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli i due, insieme con il pentito Nunziato, hanno svolto un ruolo determinante nel sequestro di persona e nell'uccisione di Amendola. E tuttavia i contorni di quella tragica notte non sono ancora così chiari e netti come lo si sarebbe creduto all'indomani della confessione di Nunziato. No. È lo stesso gip, nelle pagine dell'ordinanza cautelare a mettere in dubbio non pochi passaggi delle sue dichiarazioni. Sintetizzando il collaboratore aveva accusato Formicola e Tabasco di essere state le vere menti del piano, oltre che gli esecutori materiali dell'omicidio. Il giudice avanza riserve e non dà per scontata questa versione, pur credendo nel fatto che Amendola sia stato attirato con una scusa in una trappola mortale. Formicola e Tabasco intuirono subito che il punto debole del loro diabolico piano poteva essere proprio il terzo complice, e per questo tentarono più volte di condizionarlo. Poi, quando si accorsero che probabilmente il loro amico aveva ceduto e raccontato tutto alla polizia, si diedero alla fuga.

Fatto sta che da venerdì di loro non si hanno più notizie. Ma nascondersi non servirà loro a niente: prima o poi finiranno in cella, magari per accusarsi l'un l'altro, come è già capitato al terzo sodale.Sin dal primo giorno il nostro giornale ha dato credito alle sue fonti ufficiali, che esortavano alla prudenza rispetto ad un quadro sì suggestivo - quello dell'omicidio maturato per punire un giovane che si sarebbe vantato di una relazione sentimentale «proibita» e comunque imperdonabile per i camorristi; oppure per il solo fatto di aver riferito che la donna del boss aveva rapporti intimi con persona diversa dal marito - . Ebbene oggi si torna a parlare di pista alternativa per inquadrare la causale dell'omicidio di Amendola.

Se le perplessità sulle «confessioni» di Nunziato vengono fatte proprie dallo stesso gip nella stesura dell'ordinanza cautelare un motivo plausibile allora deve esserci. E allora proviamo a chiederci quali possano essere le piste alternative. Due su tutte. La prima: la dinamica dei tragici fatti che portarono alla morte del 18enne di San Giovanni potrebbe essere diversa da quella riferita dal collaboratore di giustizia. E diverso potrebbe essere anche il movente, cioè la causa che determinò la decisione di uccidere Vincenzo. Il quale potrebbe aver pagato con la vita il solo fatto di avere assistito a un passaggio di droga o di armi, materiale che poi sarebbe sparito. Un testimone scomodo comunque, e in ogni caso. A Napoli - e non solo al «Bronx» di Taverna del Ferro - si può morire anche per questo.

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