Napoli, rione Sanità: dopo gli spari
è alta la tensione criminale

Napoli, rione Sanità: dopo gli spari è alta la tensione criminale
di Nico Falco
Venerdì 12 Maggio 2017, 14:45
6 Minuti di Lettura
Un foro e i frammenti incrinati tutto intorno che ricordano una ragnatela. Succede così, quando le pallottole spaccano un vetro. È una forma caratteristica, facilmente riconoscibile, quella che compare nel vetro dopo la «botta» di pistola. In questo caso è il ricordo di una pallottola impazzita, di quelle che mancano il bersaglio e, dopo una traiettoria incalcolabile, si conficcano in un muro o, come troppe volte è successo, nella carne di chi con certe storie non c'entra nulla. Il negozio di abbigliamento di via San Vincenzo alla Sanità, che ieri mattina portava sulla vetrina il marchio sinistro delle lotte di camorra, è stato colpito per sbaglio: si trova alle spalle di quello che, ritengono gli investigatori, era il vero obiettivo. Per motivi che ancora non sono chiari, chi ha sparato alla Sanità nella notte tra mercoledì e giovedì ha puntato la canna contro un'automobile parcheggiata in strada. Quattro colpi sulla carrozzeria, concentrati in uno spazio troppo esiguo per essere il risultato di una «stesa», una scorribanda armata in cui i criminali sparano all'impazzata per seminare il terrore.

Quattro fori che valgono un avvertimento. Gli investigatori della Squadra mobile della polizia di Stato dovranno stabilire se chi ha premuto il grilletto ha scelto un bersaglio a caso o se cercava proprio quella Fiat Grande Punto e, in questa ultima ipotesi, a chi fosse indirizzato quel messaggio. Il proprietario della vettura danneggiata non risulta invischiato nella malavita organizzata, non è un ras e nemmeno un gregario di uno dei tanti gruppi che prima spadroneggiavano e adesso annaspano per via dei controlli stringenti delle forze dell'ordine nel quartiere che fu la casa di Totò.

Si dovrà indagare, scandagliare la voce dei vicoli, capire quali sono i nuovi equilibri criminali e prevedere, senza mollare la presa, le prossime mosse. Si dovrà andare all'attacco, ma senza trascurare la difesa. La zona dove si è verificato l'episodio è quella sotto l'influenza dei Vastarella che, nel panorama attuale, rappresentano il clan dominante sulla Sanità. La cosca che una volta era alleata con gli ormai disarticolati Lo Russo, e che fu tra i protagonisti della feroce lotta con i Genidoni-Esposito, secondo gli investigatori sarebbe al momento quella più organizzata, superiore agli altri sia per numeri sia per la potenza di fuoco.

Gli affari più consistenti, quelli della droga, hanno però subìto un brusco calo: è difficile continuare a tenere a pieno regime le piazze di spaccio mentre per strada si alternano le pattuglie della Guardia di Finanza, dell'Ufficio prevenzione generale della Questura, dei carabinieri. Le forze dell'ordine arrivano pure in fondo ai vicoli, si infilano con le motociclette, i pattugliamenti sono continui e la loro presenza serve anche come deterrente per chi vuole comprare la droga. E, senza clienti, la piazza non funziona. Lo zoccolo duro, però, resta quello delle estorsioni, che garantiscono un introito più o meno costante, un flusso di denaro che, quando non arricchisce, consente di mantenere in vita il clan. O almeno di farlo galleggiare.

Poi ci sono gli antagonisti dei Sequino, con i quali gli attriti non si sono mai sopiti. E, infine, su via Pacella ai Miracoli, e da Supportico Lopez fino a via Cristallini, ci sono i Mauro. Il Borgo dei Vergini, con i negozi e l'area mercatale, resta zona contesa tra i vari gruppi, linea di confine. Poco lontano, al di fuori del Rione Sanità, la zona del gruppo Savarese, dove a metà aprile fu registrata l'esplosione di alcuni colpi di arma da fuoco contro un circolo ricreativo; per quell'episodio le indagini sono ancora in corso e molti restano gli aspetti da chiarire, ma è verosimile che gli spari fossero da inquadrare nei contrasti tra i Mauro e i Savarese.
 
 


Tutti gruppi che non vogliono staccare i denti dal quartiere, che ancora rendono l'aria pesante, a cui fanno capo le vedette che, in alcune strade, squadrano da cima a fondo i passanti per cercare di capire chi hanno davanti. E, soprattutto, per farsi vedere. Per parlare di un quartiere decamorrizzato c'è da fare ancora tanta strada, ma l'aria è cambiata e si vede. È passato poco più di un anno dalla «Strage delle Fontanelle». Era il 22 aprile 2016, un commando dei Genidoni-Esposito assaltò un circolo privato uccidendo due uomini legati ai Vastarella. Pierino Esposito, il boss, fu ucciso il novembre precedente, e a maggio, in una officina di Marano, due persone, imparentate con uno dei componenti del commando delle Fontanelle, furono ammazzate.

Innocenti, come Genny Cesarano, ucciso il 5 settembre 2015: gli sparò una batteria di fuoco dei Lo Russo che, arrivata da Miano per vendicarsi di un raid avvenuto pochi minuti prima, puntò la pistola credendo di avere di fronte i «guaglioni» degli Esposito.

Oggi alla Sanità quel periodo lo ricordano ancora, ma è lontano. Oggi si parla di rinascita, delle iniziative che sono in corso nel quartiere e di chi ha voglia di andare avanti, dei progetti in concomitanza col cinquantenario della scomparsa di Antonio de Curtis e dei turisti che hanno ripreso a visitare una delle zone più antiche di Napoli e che diventano sempre di più.

«Il quartiere si rialza, lo Stato continua ad essere con noi e la Sanità sta cambiando, sta venendo fuori la forza della tanta gente perbene che abita qui. È un miglioramento che si può ottenere, ma è importante che sia il quartiere stesso a crederci, a non arretrare», commenta Ciro Scognamillo, per tutti «Poppella». «Io ho sempre avuto fiducia in questo Rione, non mi sentirete mai parlare male della Sanità», conclude, lui che a febbraio si ritrovò ben cinque buchi da pallottola nella vetrina mobile davanti alla pasticceria.

Ma non si può abbassare la guardia. Nel certosino lavoro d'indagine e di ricostruzione, nel tentativo di trovare il posto giusto per ogni tassello, sotto la lente di ingrandimento dei carabinieri della Compagnia Stella c'è anche un altro episodio. Risale a martedì scorso, intorno alle 13.45, quando un gruppo di persone sfreccia sugli scooter lungo via Santa Maria Antesaecula. La strada dove si trovava la casa natale di Totò e che ora è considerata la roccaforte dei Sequino. L'istituto Isabella d'Este Caracciolo è a poche decine di metri, ma la presenza della scuola, e nemmeno quella di bambini è stata mai un problema per chi ha la necessità di imporre e dimostrare la propria presenza a qualsiasi costo.

Su quello che succede subito dopo ci sono versioni discordanti. Secondo alcuni il gruppo, all'incrocio con Salita Capodimonte, avrebbe fatto fuoco. Almeno quattro o cinque colpi, senza un obiettivo preciso. Una «stesa», a scopo intimidatorio. Secondo altri, invece, quelle persone, col casco calato sulla testa, si sarebbero limitate a passare e, aggiunge qualcun altro, alcune avrebbero mostrato le armi. Terza versione, l'incidente: uno del gruppo sarebbe caduto durante la scorribanda e forse il rumore causato dall'impatto potrebbe essere stato scambiato per esplosioni da arma fa fuoco. Verosimile, quando in un quartiere sentire i colpi di pistola entra a far parte della normalità e ne risente la forma mentis di chi ci abita. I carabinieri non hanno trovato fori nei muri né bossoli sull'asfalto, cosa che non farebbe escludere l'ipotesi che siano stati usati revolver, che trattengono la cartuccia esplosa, o pistole a salve. Hanno trovato, però, dei rottami di scooter a terra: parte di carena e di cruscotto, che al momento rendono più attendibile la versione della caduta.

I dubbi si sarebbero potuti dissolvere osservando le registrazioni delle telecamere, ma questo non è ancora possibile: i nuovi impianti, i 19 occhi elettronici per i quali la gara d'appalto è stata già espletata agli inizi di aprile, non sono ancora completi dovrebbero esserlo entro fine maggio e quelli vecchi non sono in funzione. Ovvero, oggi alla Sanità non esiste un sistema di videosorveglianza efficiente. Quel che è certo, è che la scorribanda c'è stata. Era una dimostrazione, una minaccia fa tra gente malamente del quartiere che già aveva litigato qualche giorno fa, è il tam tam che si rincorre. Dinamiche fin troppo simili ai tentativi estremi dei clan di mostrare al quartiere che, loro, ci sono ancora. Che stanno resistendo agli arresti, ai continui sequestri di armi e droga, alla pressione asfissiante dei controlli. E che aspettano. Basso profilo. Nascosti, ma ancora lì, come quelle pistole che tengono in bella vista quando, in gruppo, sgusciano nei vicoli, e che subito coprono quando incrociano lo Stato.
© RIPRODUZIONE RISERVATA